Dopo l’approvazione del decreto Cutro, il Festival Sabir, alla sua nona edizione, approda a Trieste, crocevia della rotta balcanica, proponendo una narrazione delle migrazioni diversa da quella della politica...

Il Festival Sabir, promosso per la prima volta all’indomani della strage di Lampedusa da Acli, Arci, Caritas e CGIL, è un evento diffuso e uno spazio di riflessione, dialogo e testimonianza sulle culture del Mediterraneo. Quest’anno è approdato a Nord, in una zona di confine: Trieste. Si tratta di un luogo diverso rispetto ai precedenti anni (quando si sono privilegiate le città sulle rotte marine), ma molto simbolico, sia per la sua storia travagliata, sia perché è una delle porte europee sulla rotta balcanica. Da anni il capoluogo del Friuli Venezia Giulia vede un flusso ininterrotto di persone che, alla ricerca di una vita migliore, fugge da guerre, violenza e povertà.

Pur di raggiungere l’Europa, i migranti si sottopongono infatti al “the game”, il triste gioco dell’attraversamento dei diversi stati balcanici, fra muri, fili spinati e ripetuti respingimenti, emblemi di una caccia all’uomo, priva di ogni senso di umanità.

I riflettori sono stati dunque accesi sui processi migratori lungo la rotta balcanica, sulle migrazioni climatiche e sui diritti dei lavoratori stranieri. Come si muovono il governo UE e quello italiano? Come viene narrata l’immigrazione? Su queste e altre questioni si sono confrontate le organizzazioni e reti della società civile per programmare iniziative, proporre politiche umane e coerenti con la contemporaneità e avviare reti e campagne dai contenuti comuni.

Le Acli, in particolare, hanno curato gli incontri sul caporalato, lo sport come strumento di integrazione, il libero movimento dei giovani (ErasmusPlus) e il dialogo interreligioso fra donne migranti.

Sabir è uno spazio in cui la società civile si schiera dalla parte delle vittime e ribadisce la centralità delle persone e dei loro diritti, a prescindere da dove provengano. Oggi la libertà di movimento è fortemente limitata dalla politica. Le persone in fuga subiscono violenze e soprusi da parte di governi più o meno dittatoriali in attesa di rifugiarsi in Europa; una volta arrivate in Italia molte sono assoggettate a condizioni di schiavitù o di sfruttamento lavorativo; altre ancora continuano per una vita ad essere cittadini di serie B, comprese quelle che aspettano da anni di ottenere la cittadinanza italiana, come Omar Neffati, a cui il Festival è stato dedicato e che è morto prematuramente nel gennaio scorso. Ma non sono sotto attacco solo i migranti; da qualche anno è attaccata anche la solidarietà, sintomo di una società che sta smarrendo sé stessa e che ha messo la questione umanitaria all’ultimo posto.

Le Acli, presenti in tutto il mondo, lavorano da sempre per rafforzare il dialogo, la democrazia e la pace con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e oltre, nonché per migliorare i processi di inclusione di quanti si muovono fra le due sponde del mare nostrum. Inoltre, l’Associazione, incontrando quotidianamente persone che esprimono fragilità e bisogni specifici, è chiamata a cambiare, adattare e innovare costantemente lo spettro dei suoi servizi e delle sue attività, cucendole addosso anche a uomini e donne migranti.  Costruire spazi di confronto e di dibattito come Sabir è dunque un’urgenza per le Acli perché ha il compito di contrastare le retoriche pubbliche che alimentano odio e razzismo e a motivare le persone, soprattutto i giovani, a un impegno comune volto a non rassegnarsi a essere più o meno consapevolmente complici delle stragi nel Mediterraneo e dell’esternalizzazione delle frontiere, insomma, dell’indifferenza.

La cittadinanza triestina ha aderito con grandi numeri e contagioso entusiasmo agli eventi proposti, malgrado il maltempo e nonostante, per la prima volta in nove anni di Festival, il Comune di Trieste non abbia volutamente concesso alcuna forma di collaborazione ufficiale o di patrocinio. Ciò a dimostrazione del fatto che i cittadini sono spesso più avanti della politica e che non sempre la paura indotta produce chiusura.

Anche la partecipazione delle Acli di Trieste è stata particolarmente sentita e attiva, sia dal punto di vista organizzativo, sia del coinvolgimento, contando numeri mai precedentemente avuti e provando che l’impegno nazionale può avere ricadute concrete a livello locale, quando quest’ultimo ha la sensibilità di vedere e sentire.

Quest’anno Sabir si è infatti concluso con la “marcia contro i muri e per l’accoglienza” (5km), tenutasi alla frontiera tra Slovenia (Socerb) e Italia (San Dorligo della Valle), ultima tappa di quella rotta balcanica lungo la quale si infrangono le speranze di migliaia di persone. Coloro che vi hanno partecipato hanno dato gran voce a quella parte di Europa e d’Italia che non si arrende ai muri e alle paure e che continuerà a tutelare i diritti delle persone in cerca di protezione.

Il festival Sabir 2023 approda sulla rotta balcanica https://pop.acli.it/images/Sabir_2023_Trieste.jpg Redazione POP.ACLI