“Su la testa” è una rete di cooperative sociali, che collaborano con o che sono promosse dalla Acli, che il 30 giugno scorso a Milano è tornata ad incontrarsi in presenza...

Si è partiti da una ricerca (cliccare qui ) su come è stato affrontato il periodo pandemico. Emerge un misto di resistenza e capacità di innovare insieme ad una forte dose di scelte sofferte. La strategia condivisa in questi anni nella rete “Su la testa” pare rappresentare un punto di riferimento, contemplando più fronti di lavoro e di attivazione di risorse:

Tuttavia è urgente rafforzare la capacità di fare politica e di abilitare quartieri, città, persone a farsi coscienza e voce politica. Se oggi assistiamo a un’esplosione delle diseguaglianze sempre più violente e che erigono muri nella società e tra regioni e quartieri è innanzitutto per il venir meno della voce dei ceti sociali più popolari come dimostra la stessa frase del top miliardario Warren Buffet: “E’ in corso una lotta di classe, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”.

Serve allora farsi politica per almeno due motivi.

Il primo è che non si può scaricare il peso di decenni di deresponsabilizzazione dell’economia e di conseguente esplosione delle diseguaglianze tutto sul welfare e, dentro il welfare, su un Terzo settore chiamato a lavorare sempre più in emergenza, sempre più per bandi e sempre meno per realizzare e garantire servizi. I problemi vanno affrontati innanzitutto a monte, perché già nell’ideologia (così la definiva Aldo Moro) alla base della costituzione, libertà e giustizia sociale sono un'unica lotta. Serve smarcare l’economia dal dominio della finanziarizzazione e della speculazione, serve un fisco veramente equo e non legalmente eludibile, serve garantire a tutti contratti veri e che garantiscano un’esistenza libera e dignitosa. Se un manager può prendere una buonuscita 10mila volte quella di un lavoratore significa che il lavoro viene spesso impoverito a monte da un’economia avida, dal prevalere della greed economy.

In seconda battuta, il “sociale” deve smettere di essere sinonimo di emergenza e tornare ad essere una politica lungimirante di concreta promozione dell’eguaglianza, deve uscire dalla logica dell’ultimo minuto e trovare quella concretizzazione dei diritti che da tempo manca nei livelli essenziali delle prestazioni previsti dalla Costituzione. E deve trovare nel lavoro sociale un investimento in professionalità e non una pezza, con retribuzioni basse, da mettere elle emergenze.

Dall’incontro paiono svilupparsi diverse possibilità di lavoro, supportate anche da alcune esperienze.

La prima: specie di fronte ad un aumento dei costi complessivi della vita, urge rendersi conto che colpisce in modo diseguale e che per rispondere in modo eguale occorre da un lato garantire lavoro dignitoso, con contratti veri e non ai limiti della povertà, promuovendo una reale redistribuzione della ricchezza; dall’altra, reinvestire in servizi e welfare, valorizzando e dando stabilità a politiche che chiamano in causa il lavoro sociale. Questo investimento consentirebbe anche di porre un argine all’inflazione perché nel nostro Paese il costo privato del welfare si aggira in media intorno ai 2300 euro a persona e si ripagherebbe abbassando con un’azione preventiva nel medio lungo periodo i tanti costi sempre più dettati dall’esplosione di tante fratture sociali e diseguaglianze.

La seconda riguarda la capacità di sfruttare il tema della coprogrammazione, rimesso in campo dalla riforma del Terzo settore, perché con comuni, regioni e Stato si torni a una programmazione partecipata e lungimirante nel campo del welfare e non solo, e si guardi a un ruolo del Terzo settore e in particolare della cooperazione sociale non come mero datore di prestazioni o, peggio, fornitore di manodopera, ma come fulcro per un’organizzane di comunità nella strutturazione dei servizi (esperienza presentata durante l’incontro).

La terza: reinvestire, quindi sul lavoro con le persone e sulla mutualità sia per quanto riguarda la crescita professionale e del valore del lavoro sociale che per quanto riguarda la capacità di coinvolgere i cittadini e abilitarli all’avere voce e protagonismo attivo.

Questo lavoro di animazione politica può essere un mandato da darsi insieme la rete “Su la testa” e le Acli per reagire a un tempo sempre più difficile e inedito, mettendo in campo una nuova azione popolare che detti un riscatto sociale.

(per visualizzare video e slide della giornata, clicca sui link seguenti

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Su la testa! Il lavoro sociale è politico https://pop.acli.it/images/SU_LA_TESTA.jpg Redazione POP.ACLI