Al Convegno di studi di Assisi abbiamo vissuto una esperienza nuova di spiritualità: la preghiera silenziosa per la pace

Moltissimi aclisti hanno dedicato 15 minuti di preghiera personale per la pace nella cappellina della Pro Civitate Cristiana il giovedì pomeriggio e il sabato mattina. Il segno di questa disponibilità personale a lasciare i momenti comuni per ritirarsi in silenzio? I fogli delle tracce proposte erano sparsi per la cappellina: qualcuno li aveva presi e utilizzati.

Un segno silenzioso, intimo, e tuttavia comunitario, che ha accompagnato i lavori del Convegno di studi, il segno di un popolo credente in Cristo nostra pace capace di creare un uomo nuovo in se stesso riconciliando così gli uni e gli altri, eliminando in se stesso l’inimicizia (cfr. Ef 2,14-18).

«Praticare la giustizia darà pace» (Is 32,7), compito cui siamo chiamati tutti, credenti e non credenti. Non c’è pace senza giustizia: la pace è tranquillità che la propria e altrui vita possa svolgersi senza che la dignità di ciascuno sia calpestata per paura di mancare del necessario o per pura sete di dominio.

La pace necessita della giustizia, che è ben più che dare a ciascuno il suo. La giustizia è riconoscere la dignità di tutte e di tutti, soprattutto a partire dai più piccoli e poveri. Ci è stato ricordato l’invito di papa Francesco ai giovani di Economy of Francesco di guardare il mondo dalle periferie dove abitano i piccoli e i poveri: solo così si può avere l’utopia concreta di cambiare il modello di economia, per coniugare giustizia sociale e salvaguardia del creato.

«Siamo servi inutili», dice l’evangelista Luca (17,10). Così deve aver pensato san Francesco quando parlava della gioia perfetta, di colui che non prova rancore contro i fratelli che non lo accolgono, ma rimane fedele a Gesù, che ci fa l’onore di essere nostro amico: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15)

“La speranza è sempre l’ultima a morire”. Questo detto popolare non sempre è segno di quella speranza certa che san Francesco ha chiesto a Gesù raffigurato nel crocifisso di san Damiano:

«O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta, speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà».

Una speranza certa che il regno di Dio sta avanzando nella storia, che il Signore si fa presente se noi lo rendiamo presente con il nostro amore secondo il duplice comandamento: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,37-38).

Don Marco Campedelli ci ha invitato ad avere uno sguardo poetico, utopico, che diventa uno sguardo politico, che si indigna per la speranza umiliata dei piccoli e dei poveri. I primi cristiani co-spiravano insieme, respiravano insieme lo Spirito che ci ricorda la memoria sovversiva di Gesù: essere liberi dagli idoli del denaro, del potere, dell’apparire, del selfie che si compiace di se stesso.

Potremo così condividere la visione del futuro dove immaginare le vite di coloro che vivranno dopo di noi e prendercene cura, così da poter lasciare un mondo migliore, affinché anche loro possano vivere liberi nella giustizia e nella pace.

Molte richieste sono state rivolte agli aclisti durante questo Convegno di studi: diventare poeti, rivoluzionari, mettersi con gli ultimi, avere una speranza certa. Giovanni Stanghellini, che ci ha mostrato come la vergogna è mutata nel tempo e che la vergogna è quel sentimento che ci rende umani e rispettabili, ci ha lasciato tre domande che interpellano la nostra dignità:

  • Da che parte stare quando l’ordine cristallizza la disuguaglianza? Mi vergogno quando il mio comportamento non riconosce la dignità dell’altro?
  • Qual è il disordine necessario per generare un ordine del quale non vergognarsi?
  • Siamo qui per combattere la povertà oppure per amarla?

Un ringraziamento a coloro che accoglieranno questi inviti a una vita dignitosa accanto ai piccoli e ai poveri, seguendo l’amico Gesù che ci coinvolge nella realizzazione del regno di Dio nella chiesa e nel mondo.

La speranza certa in Cristo https://pop.acli.it/images/Ins_2022_ladri_biciclette.jpg Redazione POP.ACLI