«E’ una vergogna!» Lo esclamiamo a voce più o meno alta quando siamo colpiti e indignati per una situazione di palese ingiustizia nei confronti di chi è fragile.

La vergogna è anche quel sentimento che proviamo quando siamo colti in fallo da qualcuno per un nostro errore,uno sbaglio, in un modo non rispettoso della nostra persona, poiché si sottolinea la nostra fragilità umana che non ha più difese: si è nudi e si prova vergogna.

La vergogna è un sentimento che sorge improvviso e spontaneo, che si presenta inaspettato, è il segno di un disagio che tocca alcuni aspetti profondi dell’identità della persona. E’ un segno della fragilità umana e per questo va accolta con rispetto e trattata con dolcezza.

La Scrittura ci insegna che prima del peccato l’uomo e la donna erano capaci di sostenere lo sguardo dell’altro sulla propria fragilità: «Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna» (Gen 2,25). Dopo il peccato, cioè dopo aver dubitato della bontà del Signore nei loro confronti, l’uomo e la donna non hanno più la capacità di sopportare la propria fragilità: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". Rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto"» (Gen 3,7-10).

La nudità è essere esposti senza alcuna difesa e solo confidando nello sguardo buono dell’altro può essere sopportata senza vergogna.

La vergogna è il timore di non riuscire a conservare la propria buona immagine agli occhi degli altri. Alla necessità di avere una valutazione positiva di sé che si realizza in un buon livello di autostima, si aggiunge la necessità di percepire la stima altrui; ossia, si cerca nella considerazione degli altri una conferma o un supporto alla propria stima. Affinché ci si vergogni di fronte agli altri, è necessaria dunque la condivisione dei criteri di valutazione ed è fondamentale che il soggetto abbia una buona considerazione di tali persone.

Il duplice significato di vergogna: provare vergogna per la propria fragilità e provare vergogna per la fragilità violata dell’altro, ci dicono come essa sia un sentimento che implichi una relazione con l’altro.

Da una parte è un sentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla consapevolezza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito.

Da un'altra parte è il sentimento che suscita un comportamento o una persona che è causa di discredito o che merita condanna e riprovazione.

Ci sono poi persone che non provano vergogna per ciò che fanno di male, non ne avvertono la gravità, non hanno il senso del peccato. Per esempio, oggi è frequente nella comunicazione pubblica pronunciare una frase e poi smentirla quasi subito dopo, senza alcuna vergogna.

Dio non si vergogna mai di ciò che realizza, tuttavia qualche volta si pente di ciò che ha fatto, ma spesso c’è qualcuno che lo richiama alla fedeltà alla parola data. Per esempio, Noè che trova grazia agli occhi del Signore e viene salvato dal diluvio universale, segno di una nuova creazione che scaturisce dalle acque (Gen 6,6-8), oppure Mosè che intercede presso il Signore a favore del popolo che aveva costruito il vitello d’oro in sua assenza (Es 32,7-14).

Il Signore prova vergogna per i peccati del suo popolo, si sdegna, si adira, manda castighi, ma soprattutto manda profeti per annunciare la gravità della situazione di peccato in cui si trova il popolo e per annunciare la fedeltà di Dio e la sua salvezza.

Lo sdegno, l’indignazione, la vergogna per il male che prova il Signore ha un limite: la salvaguardia della vita del peccatore, perché il fine del suo sdegno non è la punizione del colpevole, tentazione sempre presente nell’uomo, ma la vita di colui che commette il male: «Forse che io ho piacere della morte del malvagio - oracolo del Signore - o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?» (Ez 18,23)

Gesù rimprovera i giudei per il loro falso sdegno nei suoi confronti: «Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato?» (Gv 7,23).

Gesù muove questo rimprovero mantenendo aperto il dialogo con i suoi interlocutori, perché il suo fine ultimo è che anche loro accolgano il regno di Dio che viene per mezzo suo: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

La vergogna è un segnale che qualcosa non funziona e per questo occorre imparare da Dio la delicatezza necessaria per aiutarci a vicenda a ritrovare la via della vita.

La vergogna, segnale di qualcosa che non va https://pop.acli.it/images/vergogna.jpg Redazione POP.ACLI