Gli ospiti dell’incontro nazionale di studi 2023 si raccontano... 

Chi è Valentina Tibaldo?

Sono una lavoratrice del comparto Informatico attiva in Italia dal 2011. Ho cominciato questo lavoro mentre ancora studiavo, poi ho aperto la mia prima azienda nel 2013. Da quel momento ho continuato a muovermi nel mondo dell’innovazione tecnologica, sviluppando e ricercando strumenti sia per aziende private che per enti pubblici, in un percorso che ha richiesto un’estrema flessibilità occupazionale.

Come è il tuo lavoro quotidiano di “artigiana” dell’intelligenza artificiale?

Come ogni lavoro ha molteplici risvolti. C’è una parte in cui si parla e ci si confronta con gli umani, principalmente clienti ed utenti, per capire meglio cosa si debba fare, ponendosi la domanda su quale sia il problema che si sta provando a risolvere. Quindi si parte da tale problema e se ne trova una modellizzazione che la macchina è in grado di risolvere. Vi faccio notare come sia l’umano a capire come la macchina potrà risolverlo. Quindi comincia la fase in cui si istruisce la macchina alla risoluzione del problema. Quest’ultima fase è la più nutrita e viene svolta tramite linguaggi specifici che la macchina parla. A questo livello, del problema iniziale si è persa traccia: l’umano rimane da solo con la sequenza di azioni che la macchina, ciecamente, è chiamata a svolgere.

Come sei arrivata ad essere una esperta di algoritmi dell’intelligenza artificiale?

Preciso come il mio focus non sia l’intelligenza artificiale: questo è uno strumento (di stampo statistico) tra i molti a disposizione nella mia cassetta degli attrezzi. L’interesse per gli algoritmi nasce durante l’università e passa attraverso lo studio, il lavoro, e l’impegno. Nessuna magia ma molta dedizione. Il dottorato di ricerca però è sicuramente stato un passaggio che mi ha portata più vicino allo stato dell’arte nel mio campo.

Quali sono i problemi del tuo lavoro?

Credo vi siano due ordini di problemi: quelli a livello sociale/comunitario e quelli di ordine personale. Per l’individuo credo che il maggiore sia la relazione di comunicazione con l’automa, ovvero la parte in cui si scrive il codice parlando un linguaggio a questo comprensibile. E’ per me è faticoso portare la mente a pensare secondo struttura e modalità affini a quelle della macchina. E questo, oltre che solitario, è un lavoro che può divenire alienante.
A livello sociale, nel mercato italiano che conosco meglio, vedo problemi analoghi a quelli riscontrati in altri settori: la scarsità di capitali da investire a causa di una cultura d’impresa restia al rischio, un management accentratore e controllante che porta a percorsi di scarsa fiducia verso il lavoratore, una competitività sul mercato europeo in cui siamo i primi a non credere.

Quali vantaggi e problemi dell’intelligenza artificiale?

Se definirli vantaggi o problemi credo dipenda dal punto di vista. Vedo vantaggi per il sistema a servizio del capitale, come la possibilità di poter affidare alcune mansioni fino ad ora svolte da un umano ad un’istanza d’intelligenza artificiale con un costo inferiore a quello di un lavoratore. Penso che possiamo immaginare noi stessi al pari di chi, a ridosso della rivoluzione industriale, si chiedeva se e come le macchine avrebbero cambiato loro la vita e possiamo trarre ispirazione da ciò che è accaduto a seguire. 

L’intelligenza artificiale è intelligente?

Vi sono così tanti significati per il termine intelligente. Se ci riferiamo ad un sistema di interazione e decodifica della realtà che possa ricordarci quello umano, sono gli umani stessi che hanno pensato, ideato, programmato l’intelligenza artificiale. E l’hanno progettata affinché mimasse comportamenti umani. Non mi stupisce che somigli a quell’attitudine dell’umano che chiamiamo intelligenza. D’altronde la scimmia umana è molto determinata e quando decide di perseguire qualcosa….

Si dice che anche i progettisti di Intelligenza artificiale non riescano a essere consapevoli del funzionamento complessivo di un algoritmo creato da un gruppo di persone?

Credo che queste tematiche possano essere affrontante più da un gruppo di filosofi, di teologi o di linguisti che da me. Invito queste figure ad armarsi di coraggio davanti alla diffidenza derivante dal divario tecnologico e di investigare il fenomeno con i loro strumenti: questo va ben oltre il lavoro informatico di modellizzazione.

Quale etica/coscienza di lavoratrice ritieni necessaria per creare e utilizzare l’intelligenza artificiale?

La stessa coscienza necessaria a molti ambiti dell’informatica, a qualsiasi impiego in ambito scientifico e ad ogni lavoro in qualunque settore d’impiego: credo fermamente nella necessità di allenare la sensibilità a quello che si sta facendo. Essere in contatto con quello che si prova quando si sta lavorando, e con la parte di noi a cui stiamo rispondendo. Investigare la propria interiorità osservando senza paura “A quale parte di me risponde questo lavoro che sto compiendo?” Sviluppare così il discernimento, perché possiamo compiere il bene, che sia per noi e per gli altri.

Quali regole potrebbero essere utili?

Non credo che il normare sia uno strumento efficace a limitare un campo d’azione. Non mi vengono in mente esempi nella storia dell’umanità per cui la normatività abbia rappresentato un ostacolo efficace. Invece ho fiducia nella natura degli esseri umani, nella loro capacità di sentire i propri fratelli e sorelle, nello spazio del cuore che diventa fertile quando frequentato con amorevolezza e quiete interiore.

 

 N. 11-12 novembre-dicembre 2023

Gente di INS: Valentina Tibaldo https://pop.acli.it/images/gente_di_ins_tibaldo.jpg Redazione POP.ACLI