Essere presenti là dove si lavora per la dignità umana in dialogo con quanti hanno lo stesso obiettivo...

Essere movimento popolare per le Acli vuole dire essere presenti là dove si lavora per la dignità dell’uomo in dialogo con quanti hanno lo stesso obiettivo e per costruire quella civiltà dell’amore che caratterizza l’azione sociale dei cristiani.

Riportiamo qui i brani più significativi del discorso delle tre fedeltà pronunciato dal Presidente nazionale Dino Penazzato in piazza San Pietro il 1° maggio 1955 nel primo decennale dell’Associazione.

Una triplice fedeltà guida ed illumina il nostro impegno, di oggi e di sempre.

Fedeltà alla classe lavoratrice. È una fedeltà che ci è facile, che è naturale, che abbiamo nel sangue, perché noi siamo lavoratori, perché viviamo e operiamo nelle fabbriche, negli uffici, nei campi; perché il nostro pane esce dalla nostra fatica; è la fedeltà a noi stessi, alle nostre origini, alle nostre famiglie.

È la fedeltà alle lotte di ieri, ai sacrifici di coloro che ci hanno preceduto: a quei lavoratori, che forse meglio noi chiamiamo con i nomi di nostro padre e di nostra madre.

Confermiamo, in quest'ora solenne, l'impegno, e più che l'impegno il bisogno e il fatto di questa fedeltà, nelle scelte e nei programmi che meglio servano gli interessi totali della classe lavoratrice: poiché la fedeltà è amore, e l'amore non è mai tanto grande come quando non piega alle più facili vie della demagogia, della violenza o della disperazione, ma regge e soavemente impone le strade della verità e della pace.

Questa fedeltà - che nasce dalle cose stesse ed è la vita della nostra vita - è la nostra forza, è il grande dono che rechiamo a tutti i lavoratori del nostro paese, una grande speranza per tutti, i vicini e i lontani.

Ancora: fedeltà alla democrazia, alla democrazia del nostro paese, e ancor meglio al nostro Paese, nelle sue tradizioni e nelle sue leggi, nella sua storia e nel suo divenire.

È la nostra presenza che, nei giorni in cui ciò era difficile, ha mostrato nei fatti che non vi era identità fra lavoratori e marxismo.

Molti altri hanno disquisito e discusso, noi abbiamo testimoniato di persona, spesso pagato di persona.

Fedeltà alla democrazia, come alla strada che consente ogni sviluppo, che garantisce il progresso nella dignità.

La democrazia nel nostro paese è stata in pericolo e non ha cessato di esserlo: qui rinnoviamo il nostro impegno - che nasce dal nostro ideale e da una realistica valutazione dei veri interessi del mondo del lavoro - di essere vigili e fermi contro ogni ingannevole lusinga, di essere forti nella libertà per essere forti nella giustizia, come uomini e non come servi o strumenti.

In questa fedeltà sentiamo di servire gli interessi sociali del nostro Paese, le condizioni per quel rinnovamento che è necessario e che urgentemente reclamiamo, ma che non potrebbe esserci, o non avrebbe senso, fuori della libertà. Serviamo gli interessi del nostro Paese, che i lavoratori sentono oggi con forza e slancio secondi a nessuno: sentiamo e serviamo i valori, la storia e l'avvenire della nostra Patria, la suprema aspirazione della pace, che non è certo monopolio di nessuno e che, se mai, ha fondamento primo nella comprensione, nella collaborazione, nel sentirci fratelli, tutti, perché figli di un Padre.

E, ancora, fedeltà alla Chiesa; una fedeltà dolce e forte che segna e accompagna tutta la nostra vita.

È la fedeltà gioiosa che libera e promuove, che rende potente anche la pochezza e sicuro il cammino di là da ogni incertezza: la splendida fedeltà nella verità.

Fedeltà a un insegnamento morale che pone le basi di ogni saldo rapporto tra gli uomini, che ispira il superamento degli egoismi, la sola via per costruire per sempre.

Fedeltà a un insegnamento sociale che - senza escludere la responsabilità e l'impegno propri della ricerca scientifica e dell'azione politica - poggia sui valori supremi dell'uomo, della famiglia, del servizio sociale, della solidarietà, in cui l'azione sociale, nel suo impegno rinnovatore, trova la guida sicura.

Forse chi non crede non può misurare la potenza di questa fedeltà liberatrice; ma può almeno misurarne il senso e il valore nella testimonianza della nostra passione e delle nostre opere.

In questa fedeltà - che non è fatica, ma gioia - noi proviamo ancora una volta alla classe lavoratrice che non esiste dissidio o frattura fra la Chiesa e il mondo del lavoro.

Ed è dunque senza fatica che noi respingiamo ogni tentativo o lusinga che volesse incidere su questa nostra prima fedeltà.

Se questa è la grande strada maestra per la giustizia e la pace, dovremmo proprio essere noi ad andarne a cercare delle altre?

Questa fedeltà non conosce condizioni, non pone condizioni che contrastino con le nostre attese: non vi è dunque nulla che possa rendere inquieto il nostro animo.

Ma per provare la misura di questa fedeltà - o forse per darle con la parola un poco dell'intensità che sentiamo nel nostro animo - noi diciamo lietamente che essa è incrollabile anche a costo della vita e di ogni cosa nella vita. […]

O amici, è grande gioia per noi essere qui, essere nelle A.C.L.I., essere le A.C.L.I.: perché le cose nuove che sorgono, nel solco della nostra dottrina, nel solco delle più feconde tradizioni, escono dalle nostre mani, e noi siamo gli artefici di una nuova civiltà: la civiltà umana e cristiana del lavoro.

Il testo completo nella versione stampata con l’imprimatur dello Stato Vaticano.

 

 N. 2 Febbraio 2024

Movimento popolare https://pop.acli.it/images/Pio_XII__1_Maggio.jpg Redazione POP.ACLI