Lo ricordo distintamente e lo ricordo come se fosse, ogni volta che lo incontravo, rivolto specificamente a me. Ho poi scoperto che il suo sorriso era percepito da tanti come qualcosa di speciale e credo davvero di poter dire che fosse una delle caratteristiche di Camillo...

La prima volta che ho incrociato Camillo Monti, nei corridoi di Via Marcora, avevo poco più di 20 anni ed ero appena entrato a far parte del Coordinamento Nazionale di GA, con Fabio Protasoni.
In effetti in quegli anni spesso ho incontrato Camillo ma non per ragioni specifiche: né ci sarebbe stata una ragione. Lui, potente ed alto dirigente delle ACLI e del Patronato ed io, appena entrato nel Coordinamento di GA con la delega al volontariato nella ex Jugoslavia, non avevamo molto su cui lavorare insieme. Ma di lui ricordo il sorriso. Lo ricordo distintamente e lo ricordo come se fosse, ogni volta che lo incontravo, rivolto specificamente a me. Ho poi scoperto che il suo sorriso era percepito da tanti come qualcosa di speciale e credo davvero di poter dire che fosse una delle caratteristiche di Camillo: dedicare anche solo un secondo di attenzione a chi lo incontrava. A mio avviso una caratteristica fondamentale per un dirigente aclista, una caratteristica che, mi rendo conto ora, mi ha formato.
Tante cose di Camillo le ho scoperte dopo, anche molto recentemente. Le ho scoperte un po’ per caso, imbattendomi in un bellissimo libro scritto su di lui, nella biblioteca “aclista” di mio padre, un po’ cercandole da quando sono Presidente del Patronato ACLI. Cercandole, perché ho subito capito, come ho avuto modo di dire ad Anna, che Camillo è una persona a cui vorrei fare molte domande…
Ho scoperto che in lui la passione, la capacità di coniugare l’esserci per chi vuole esercitare i propri diritti concreti, ma anche il lottare per la giustizia, la pace, i diritti a livello globale. Ho scoperto che guardava all’organizzazione come ad un organismo, un luogo in cui stare bene: è quella logica della cura, che anche oggi, come Presidenza del Patronato ACLI, abbiamo scelto di porre al centro del nostro disegno. La cura è una postura, è cura per i lavoratori, i volontari, i dirigenti, gli utenti, le sedi, le ACLI, i diritti, le relazioni, le risorse. È, appunto, vedere l’organizzazione come un unico organismo. Camillo era un uomo di processo, di organizzazione. Ma non di macchina. Era un uomo di relazione, che non cercava la mediazione per la ricerca del consenso, ma per cura e attenzione nei confronti di tutti. E questo è un concetto che davvero mi appartiene: è la logica dell’essere in un’associazione, è la logica che mi porto dall’esperienza di circolo e di GA.
Il Patronato ACLI deve a Camillo l’attenzione e la cura per ogni territorio, gli incontri di programmazione pensati per porsi obiettivi di miglioramento continuo. E fu Camillo a voler il cambiamento di nome degli Addetti Sociali in Promotori Sociali, perché non si sentissero più disbrigatori di pratiche, ma veri e propri attori e attrici di cambiamento. Mi piace pensare proprio che questo fosse un modo di collegare l’azione sociale del Patronato a quella delle ACLI, che solo qualche anno più tardi divennero a loro volta Associazione di Promozione Sociale.
Quante volte, da Presidente di Patronato ACLI, Camillo si sarà sentito dire che i servizi sono distanti dalle ACLI…so per esperienza che capita spesso! E tante volte ho provato a spiegare quali sono invece i punti di contatto e da dove bisogna partire per alimentare una relazione feconda e fruttuosa, per costruire quella corresponsabilità che fa crescere servizi, associazioni e competenze. Da quando mi sono imbattuto in un passaggio del suo intervento nel Congresso delle ACLI comasche nel 2012, ho capito che, se posso permettermi, siamo un po’sulla stessa lunghezza d’onda: “Le ACLI siamo noi, ma nelle ACLI ci sono anche presenze notevolissime capaci di collegarsi con le persone, di dare delle risposte che talvolta noi consideriamo solo come dei servizi, solo delle risposte concrete a delle specifiche richieste. No, sono ACLI anche quelle. E allora la nostra sfida è quella di mettere insieme quello che siamo noi con quello che rappresenta questa nuova forma di solida risposta, perché noi dobbiamo dare risposte a quelle persone che sono in difficoltà, che non solo devono ricevere aiuto da parte delle nostre cooperative, dei nostri servizi, delle nostre realtà di volontariato. No, queste persone devono ricevere una motivazione forte, perché a partire dalle loro difficoltà, divengano protagonisti di un loro riscatto personale, di un loro contributo alla crescita e al cambiamento della società.
Ho incontrato Camillo un po’casualmente, nella mia esperienza di ragazzo di GA a contatto con il Presidente Nazionale del Patronato ACLI. Ma ora lo incontro spesso, lo ritrovo nelle scelte fatte e da fare, nel disegno e nel governo del nostro Patronato e delle nostre ACLI. Ed è stato un dono poter incontrare, senza sapere chi fosse, Marco, figlio di Camillo, nella formazione di Subiaco e poi poter conoscere Anna, moglie di Camillo e successivamente l’altro figlio Andrea.
Con loro ho parlato di quanto Camillo sia ancora ben presente nella memoria e nell’affetto in particolare dei nostri operatori e operatrici delle sedi fuori dall’Italia, che da Presidente ha più volte visitato e sostenuto. La dimensione della crescita personale che si alimenta della relazione con la comunità, il supporto e la condivisione delle proprie scelte con la famiglia, l’idea di Patronato e ACLI che si toccano e si intrecciano nelle storie personali in particolare dei volontari e dei nostri utenti, la cura delle relazioni prima di quelle delle strutture, sono tutti elementi che mi legano a Camillo e che mi riportano alla mente, distintamente, quel suo sorriso.

Camillo Monti https://pop.acli.it/images/APRILE/Camillo_Monti_27apr2024_360p.jpg Redazione POP.ACLI