Una misura che ha alleviato la povertà e su cui bisogna investire. La proposta delle Acli

È già stato annunciato che il nuovo Governo, insediatosi lo scorso settembre, provvederà a una “stretta” sul Reddito di cittadinanza. Il taglio sulla misura, che è in vigore dal 2019, secondo quelli che sembrano essere i piani dell’esecutivo, dovrebbe garantire allo Stato un maggiore risparmio per la realizzazione di altri interventi, più in linea con l’agenda governativa. Ciò, dunque, a discapito di milioni di persone che, tutt’oggi, grazie al Reddito di cittadinanza riescono a condurre una vita dignitosa. Di questo si parla, infatti, relativamente alla misura.

Innanzitutto, basta osservare gli ultimi dati rilasciati dall’Inps sull’estensione del Reddito di cittadinanza: i nuclei beneficiari di almeno una mensilità nel 2019 sono stati 1,1 milioni, per un totale di 2,7 milioni di persone coinvolte; nell’anno 2020, invece, i nuclei sono stati 1,6 milioni, per un totale di 3,7 milioni di persone coinvolte. I numeri sono saliti ulteriormente nello scorso anno, quando i nuclei beneficiari di almeno una mensilità sono risultati quasi 1,8 milioni per un totale di poco meno di 4 milioni di persone. Infine, nei primi nove mesi del 2022, i nuclei sono più di 1,6 milioni e le persone 3,6 milioni.

È evidente come la misura abbia ampliato rapidamente la propria estensione, in particolar modo negli anni più critici della pandemia da Covid-19: nel 2020 e nel 2021, il Reddito di cittadinanza – o la Pensione di cittadinanza, che altro non è che il nome assunto dal beneficio stesso nel caso in cui il percettore abbia 67 anni o più – ha riguardato in totale oltre 7 milioni di persone.

Un segnale di come, in un periodo di crisi socioeconomica profonda, la misura abbia contribuito a limitarne gli effetti dirompenti viene fornito anche da alcuni studi che ne confermano l’impatto positivo in termini di contrasto alla povertà. Per esempio, un’analisi della Banca d’Italia del 2020 dimostra come esso abbia ridotto l’incidenza della povertà assoluta di 2-3 punti percentuali; e ancora, uno studio effettuato dall’Istat nella pubblicazione del Rapporto annuale del 2022 spiega come le misure di sostegno economico erogate nel 2020, tra le quali figura anche il Reddito di Cittadinanza, abbiano permesso a un milione di individui di non ritrovarsi in una condizione di povertà assoluta. Cosa che, al contrario, sarebbe avvenuta senza gli stessi.

Dimostrare cosa sarebbe potuto accadere in Italia senza una misura di sostegno come il Reddito di cittadinanza durante il 2020 e il 2021, a fronte della sospensione quasi totale delle attività economiche durante le fasi più dure dei lockdown, non è certo facile e rischierebbe di presentarsi più come una sorta di storia controfattuale, anziché come evidenza. Senz’altro però, il buon senso non può che farci convenire sul fatto che il Reddito di cittadinanza come forma di sostegno al reddito abbia contribuito a evitare un vero e proprio cataclisma sociale: basti pensare che a febbraio 2021, a un anno esatto dallo scoppio della pandemia, in Italia erano stati persi quasi un milione di posti di lavoro rispetto al medesimo periodo del 2021

In vista di un riassestamento ancora in corso del mercato del lavoro, non possiamo che evidenziare la necessità di mantenere questa misura perché la povertà, nel nostro Paese continua a essere un rischio per molti; lavoratori compresi. I dati Eurostat di agosto di questo anno hanno evidenziato come in Italia nel 2021 le persone a rischio di povertà erano 11,84 milioni, con una percentuale del 20,1% della popolazione, in crescita rispetto al 2020.

Del resto, nonostante la narrazione dell’attuale compagine di Governo si sia fortemente incentrata nel caso del Reddito di cittadinanza sui presunti fannulloni che percepiscono il beneficio senza preoccuparsi di ricercare un impiego, la realtà ci dice che il 20% di questi ha un impiego e che la misura è soltanto un’integrazione al reddito. Perché di questo occorre prendere atto nel valutare una riforma giusta del Reddito di cittadinanza; ovvero che in Italia esiste un grande problema di lavoro povero, che disincentiva, questo sì, l’entrata nel mercato occupazionale.

Per risolvere questo problema servirebbe anche nel nostro Paese intervenire partendo, ad esempio, dall’adozione della direttiva della Commissione europea sul salario minimo. Come Acli, anche tramite l’Alleanza contro la povertà, abbiamo da tempo presentato alcuni punti fondamentali per riformare il Reddito di cittadinanza, non per abrogarlo, ma per renderlo una misura al passo coi tempi ed efficace sotto il punto di vista delle politiche attive del lavoro.

Il primo passo, senz’altro, è quello di coinvolgere in maniera più attiva i Comuni, attori protagonisti nella rete di assistenza per il Reddito di cittadinanza e veri e propri motori nel sistema dei progetti utili alla collettività; e ancora, l’estensione dell’esperienza del segretariato sociale delle Acli, in modo da dar vita a punti di accoglienza e informativi che possano indirizzare il percettore verso quelle che noi abbiamo chiamato “Case del lavoro”. Queste, come ulteriore proposta, sarebbero il decisivo passo in avanti e oltre la logica del Centro per l’impiego, che ha dimostrato nel processo di realizzazione dei vari Patti per il lavoro di non essere funzionale.

Serve quindi mettere al servizio della persona le reti sociali e il know-how acquistato sul campo da parte degli enti del Terzo settore per un coordinamento di servizi essenziali di formazione, orientamento e presa in carico multidisciplinare delle persone. Proposte da legare, come detto, a quelle dell’Alleanza contro la povertà, che mirano ad ampliare la platea con vincoli meno stringenti sui cittadini stranieri e dare al Reddito una forma di in-work benefit, con la riduzione dell’aliquota marginale applicata al reddito da lavoro.

L’obiettivo, dunque, non dev’essere riformare per rendere lo strumento minimo e residuale: al contrario, occorre un investimento e un suo rilancio che ne esalti la capacità occupazionale e ne rafforzi l’aspetto sociale.

Il Reddito di cittadinanza non è da abolire https://pop.acli.it/images/reddito_di_citt.jpg Redazione POP.ACLI