L’Osservatorio nazionale Acli Redditi e Famiglie mostra come il ceto medio, zoccolo duro dell’Italia che lavora e resiste, stia lentamente franando

Le famiglie sono il cuore pulsante del nostro Paese e da sempre le Acli hanno un’attenzione particolare per loro, per le difficoltà che incontrano e per la bellezza che esprimono. Di recente questa attenzione si è concretizzata nella creazione di un Osservatorio nazionale Acli Redditi e Famiglie, promosso dalla Delega Famiglia e Stili di vita delle Acli Nazionali e dal Caf Acli. Tale dispositivo punta ad analizzare lo stato di salute delle famiglie italiane prima e dopo il Covid, monitorando come le ultime vicende (inter)nazionali abbiano influenzato la disponibilità di reddito e le scelte di spesa dei nuclei familiari attraverso lo studio dei modelli 730. I primi risultati di ricerca sono stati presentati in un incontro pubblico presso la sala del Consiglio della Camera di Commercio di Roma a metà dicembre.

Il nostro approccio è fuori da ogni retorica, perché vuole confrontarsi con la realtà dei fatti, affinché la famiglia sia riconosciuta come soggetto sociale, il quale, se opportunamente sostenuto, può dispiegare tutta la sua forza generativa, che non è solo demografica, ma anche: 1) educativa, in quanto propagatrice di valori; 2) economica, perché può essere motore di sviluppo e promotrice di un nuovo modello di stili di vita; 3) sociale, in quanto culla delle relazioni primarie, che alimentano la coesione sociale.

Come associazione ricca di progetti e di servizi, ogni anno incontriamo circa 4 milioni di famiglie e sappiamo bene quanto sia stata difficile per loro la fase della pandemia: ci sono famiglie che se la cavano meglio, ma numerose sono quelle che ingrossano le fila di quegli oltre 6 milioni di persone in povertà assoluta, che chiedono aiuto per i bisogni primari, e quelle cui la pandemia ha sferrato un duro colpo, che sommano una serie di povertà. Ma tante sono anche le famiglie del ceto medio, che adesso annaspano per le difficoltà economiche, che appartengono ormai a quella schiera sempre più numerosa di working poor, che fa fatica ad arrivare a fine mese.

Per l’attività abitualmente svolta da Caf e Patronato (che possono a buon conto essere considerati presidi solidali), ma anche per le attività svolte nei circoli e nelle associazioni specifiche, per le iniziative aggregative e i progetti solidali, le Acli sono già di fatto un Osservatorio privilegiato sulla vita delle famiglie. E non siamo solo un Osservatorio fatto di numeri, ma di storia, perché le persone ci consegnano i loro problemi, ma anche sogni e speranze.

Perciò abbiamo deciso di mettere a sistema questo nostro sguardo privilegiato, conducendo un’indagine in collaborazione col Caf delle Acli e con l’Iref a partire dalle dichiarazioni di redditi. Nel rispetto della normativa vigente, i dati sono stati analizzati in forma rigorosamente anonima. Ma dietro ciascuno di questi documenti ci sono le tante persone che incontriamo ogni giorno, termometro di un Paese, che nell’ultimo triennio ha affrontato pandemia e guerra, e, da ultimo si trova a fronteggiare lo shock energetico e l’aumento dell’inflazione.

La nostra indagine ha beneficiato di un campione di dimensioni considerevoli: 1 a 40 il rapporto con la popolazione totale. L’andamento dei redditi è stato osservato nell’arco dell’ultimo triennio in termini di flussi e dinamiche, consentendo di cogliere la linea tendenziale. I dati elaborati vengono poi interpretati dalle Acli e tradotti in istanze utili a orientare le politiche stesse dell’associazione e a pungolare le istituzioni e i decisori pubblici ad agire per rispondere ai bisogni emergenti, avendo un approccio lungimirante.

La novità rappresentata da questo Osservatorio è triplice: 1) è permanente, perciò prevede delle uscite periodiche, consentendoci di essere veramente “sentinelle dei bisogni e delle fragilità” sociali, a partire dalla famiglia, cioè da una visione che mette al centro non gli individui ma le persone in relazione tra loro. 2) è uno strumento di ascolto, che è il primo gesto concreto di solidarietà, alla base della buona politica; 3) è innovativo rispetto al metodo utilizzato, perché è la prima volta che vengono raccolti dati di uno stesso panel di poco meno di un milione di contribuenti, relativi agli anni fiscali 2020, 2021, 2022, analizzati in forma anonima, di cui si intende continuare a seguire l’andamento negli anni. Il metodo comparativo sulle tre annualità permette di cogliere non solo i fenomeni di povertà, ma anche l’impoverimento, cioè il fenomeno che allarga la platea dei bisogni e delle fragilità a ceti medi, che tradizionalmente erano al riparo da forme di indigenza.

Ad un primo sguardo, infatti, è risultato chiaro come il ceto medio, zoccolo duro dell’Italia che lavora e resiste, stia lentamente franando, con il rischio di portare con sé tutto il Paese. Infatti, la fascia di contribuenti dai sedicimila ai ventimila euro di reddito è quella che ha subito le maggiori perdite in questo arco temporale.

Inoltre, a fronte di un 30% del campione che ha aumentato il proprio reddito (già appartenente alla fascia più alta) affiora un marcato aumento delle disuguaglianze, che si nota soprattutto nella riduzione delle spese per la salute, che purtroppo per molti diventano spese opzionali, a cui si può decidere di rinunciare per motivi di budget familiare, e nelle spese scolastiche, che pure si sono ridotte per il ceto medio, a scapito dell’istruzione dei figli.

L’impoverimento rappresenta un vero campanello d’allarme, dal momento che, tra stipendi bassi e stagnanti e il caro vita, la situazione non è destinata a migliorare. Perdita del lavoro, motivi di salute e shock relazionali sono tra le cause che possono produrlo. E a farne principalmente le spese sono sempre gli stessi gruppi sociali: i giovani, che rischiano di essere precari nel lavoro e nella vita, e le donne, che pagano lo scotto tanto di scarse politiche di conciliazione, quanto di bassi stipendi), con i relativi effetti sugli equilibri familiari, anche interni. Si aggiunga il paradosso che tra gli impoveriti, il 40% ha almeno un figlio a carico. Avere figli è, dunque, la prima causa di povertà in un Paese che vive un inverno demografico, che, se prosegue, ci condannerà al declino. Con tutte le conseguenze per la sostenibilità del nostro sistema di welfare, presente e futuro.

Grazie a questa indagine abbiamo oggi una visione più chiara delle famiglie italiane e del nostro Paese. Se questo lavoro mette a fuoco che nessuno è al riparo dalla crisi, perché il combinato disposto di decremento o stagnazione dei redditi e aumento del costo della vita colpisce le tasche di molti, come ACLI riteniamo sia proprio questo il momento di contrastare quell’erosione della fiducia nel futuro, che rischia di colpire le famiglie, i giovani, gli stessi anziani, creando anche ripercussioni sulla nostra democrazia perché la sfiducia, lo sappiamo, genera disaffezione alla partecipazione. E lo strumento conoscitivo dell’Osservatorio risulta prezioso per aiutarci ad evidenziare le principali necessità.

L’Osservatorio acli redditi e famiglie. Uno sguardo su di noi https://pop.acli.it/images/OSS_RED_Fam_R.jpg Redazione POP.ACLI