Caf e Iref hanno misurato le variazioni del reddito degli italiani, negli anni dal 2019 al 2021, attraverso quanto dichiarato nel modello 730
La crisi sanitaria ha avuto anche delle pesanti ricadute economiche: aziende che hanno chiuso, persone che hanno perso il lavoro. Senza dubbio molti italiani vorrebbero mettere tra parentesi il 2020 e il 2021 per tornare alla situazione dell’anno pre-Covid. Come in ogni grande crisi, c’è anche chi ha visto migliorare la propria condizione economica. Affermare che all’uscita dalla pandemia c’è chi ha perso e chi ha vinto è poco più che una banalità, soprattutto se non si riesce a fornire un qualche elemento di quantificazione e comparazione. In quanti hanno perso? È soprattutto quanto hanno perso?
Una prima risposta a queste domande può essere trovata nelle elaborazioni che IREF, in collaborazione con CAF Acli e il Dipartimento Famiglia delle Acli Nazionali hanno realizzato su un panel (variazione di redditi nel tempo) di 937mila dichiarazioni dei redditi. Il valore dell’analisi è nella possibilità di comparare i redditi degli stessi individui per tre anni di seguito: attraverso procedure di concatenamento, difatti, è stato creato un panel di contribuenti, per i quali sono disponibili tutti i redditi dichiarati negli anni fiscali 2019, 2020 e 2021.
Prima di iniziare a discutere i dati sono necessarie due precisazioni metodologiche:
- Per l’analisi si è scelto di utilizzare il reddito complessivo dei lavoratori dipendenti al lordo dei guadagni soggetti a imposta cedolare (prospetto di liquidazione 2022, voce n.148) per avere una base che fosse estesa al maggior numero di soggetti possibili: non solo quindi coloro che sono percettori di redditi diversi - quali redditi agrari, redditi dominicali, i redditi da capitale, da lavoro - ma anche il reddito derivante dalle locazioni sottoposte a imposta cedolare secca.
- È evidente che il reddito e le spese di un single non sono paragonabili al reddito e spese di una coppia con figli aventi nominalmente lo stesso reddito. Per rendere comparabili famiglie con caratteristiche diverse, si è provveduto ad effettuare una doppia operazione: innanzitutto, trasformare i redditi nominali in redditi equivalenti; in secondo luogo, ricalcolare i redditi così ottenuti a valori costanti.
Per evidenziare le variazioni di reddito equivalente a valori costanti e di spesa dal 2019 al 2021, il panel è stato suddiviso in quintili di reddito equivalente e comparato nei tre anni; ciò al fine di creare dei sottogruppi di dichiaranti omogenei per tenore di vita e per verificare se vi siano stati significativi spostamenti di reddito complessivo da un quintile all’altro nel periodo considerato. La mediana interna ai quintili ci dice che tra il 2019 e il 2021 vi è stato un incremento di reddito equivalente, che varia da 80 euro per il primo quintile, fino a 300 euro per il quinto quintile, quello delle persone maggiormente benestanti. Nel complesso, Il 20% più povero dichiara il 5,8% dei redditi, Il 20% più ricco dichiara il 40,9% dei redditi, con un rapporto di 1 a 6,8.
Considerando i valori assoluti, nel periodo 2019-2021, un terzo dei contribuenti (326mila persone) ha avuto un aumento del reddito, i restanti due terzi (611mila contribuenti) ha invece visto il proprio reddito diminuire. All’interno di questo secondo sottogruppo c’è una quota di individui pari al 3,6% del panel che ha avuto una perdita di reddito superiore al 35% (hard-losers). Nel complesso, all’interno del panel si osservano da un lato perdite per 933 milioni di euro di redditi equivalenti e dall’altro guadagni per 1,1 miliardi di redditi di euro equivalenti: in altre parole, nei tre anni osservati c’è stato uno spostamento di ricchezza pari ad oltre due miliardi di euro.
Tra coloro che hanno subito una diminuzione, la metà ha avuto una perdita poco significativa (sino a 410 euro nel biennio), un altro 2,5% ha perso sino a 1.200 euro. Considerando queste flessioni lungo tre anni fiscali si hanno delle perdite mensili di qualche decina di euro. Tuttavia, c’è da rilevare che: (I) in questo periodo il costo della vita è aumentato (trend che nel 2023 è molto probabile si rafforzi a causa del caro energia); (II) gli effetti sul mercato del lavoro della crisi sanitaria tendono a dispiegarsi con più lentezza (aumento dei contratti a termine), (III) i salari dei lavoratori dipendenti italiani crescono molto lentamente. In sintesi, la congiuntura economica 2023 potrebbe far sì che queste perdite di potere d’acquisto, oggi contenute, possano in breve tempo trasformarsi in condizioni di difficoltà nel far fronte ad alcune spese fondamentali.
La situazione di quelli che possono essere definiti hard-losers (chi perde fortemente) sembra invece essere già particolarmente grave, tra coloro che hanno perso oltre il 35% del reddito, la perdita in termini di reddito equivalente ha un valore mediano di 6.200 euro, con il primo 25% degli hard-losers che ha visto svanire in tre anni sino a 3.700 euro e l’ultimo 25% che ha avuto una contrazione superiore a 10.000 euro. Va precisato che nell’85% dei casi, si tratta di un reddito da lavoro e che il 70% degli hard-losers ricade nel primo quintile della distribuzione dei redditi (mediana: 5.800 euro). In altre parole, gli hard-losers sono per lo più lavoratori a basso reddito che a causa della crisi sanitaria ed economica hanno perso il lavoro o hanno subito un deciso ridimensionamento del proprio impegno nel mercato del lavoro.
Il profilo anagrafico di queste persone evidenzia una fortissima sovra-rappresentazione delle donne (66,6% tra gli hard-losers; 52,6% all’interno del panel) e delle persone con meno di 40 anni (30,9% nel gruppo Vs. 12,4% nel totale del panel). Dal punto di vista familiare si tratta di persone con almeno un figlio (41,5% Vs. 29,5%). I dati purtroppo confermano e quantificano la recessione al femminile (she-cession): la crisi sanitaria ed economica si è scaricata soprattutto sulle donne con una posizione lavorativa più vulnerabile, persone nel pieno della vita attiva con carichi familiari che nel giro di tre anni si sono ritrovate in una condizione di profonda difficoltà economica.
Nel complesso, l’analisi longitudinale delinea un quadro in chiaro-scuro: c’è una componente, nemmeno troppo esigua, che ha migliorato la propria situazione economica; poi c’è un’ampia fetta di persone e famiglie che ha visto intaccato, seppur in modo non troppo significativo, il proprio reddito, ma che guarda al 2023 con uno sguardo preoccupato; infine, c’è un ultima parte, esigua dal punto di vista numerico, ma non per questo meno degna di attenzione, per la quale l’inizio degli anni ’20 ha segnato un vero e proprio tracollo. Nei prossimi anni sarà cruciale controllare i flussi da e verso ognuno di questi tre segmenti socioeconomici.