Le Acli bocciano la riforma. Sono troppe le criticità non risolte...

Le Acli si stanno interrogando sul disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 2 Febbraio scorso sull’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni, che secondo Antonio Russo, porrebbe non poche questioni sulle quali occorre riflettere.

Secondo il vice presidente delle Acli, che il 21 Febbraio ha introdotto e moderato il dibattito su

, che si è svolto presso la sede nazionale a Roma, le preoccupazioni sono ti tipo costituzionale, economico, sociale e culturale. Il disegno di legge infatti intende attribuire alle Regioni competenze esclusive in ben ventitre materie: dalla sanità, all’istruzione, ai trasporti, all’energia, al lavoro, creando in pratica ventuno regioni a statuto speciale, il che comporterebbe un sostanziale depotenziamento del Parlamento, al punto da mettere in dubbio anche l’attuale forma di Stato, che secondo l’articolo 5 della Costituzione è ancora unitario, aprendo, secondo alcuni esperti, anche non pochi conflitti in materia costituzionale.

Ancora più forti le preoccupazioni, sempre secondo Russo, sul piano economico, in quanto la riforma interesserebbe un Paese non ancora unito da questo punto di vista, con un Mezzogiorno ancora in forte svantaggio rispetto al Nord, sia in termini di produzione di ricchezza, che di servizi e di risorse finanziarie pubbliche. Per una simile riforma occorrerebbe, quanto meno, appianare le attuali differenze consentendo a certe regioni più svantaggiate di poter partire da una condizione almeno di relativa parità, soprattutto se si vuole affermare il principio che le risorse fiscali prodotte da una Regione vengano spese nella Regione stessa. «Il rischio è che si creino cittadini di serie A, quelli che vivono in Regioni più ricche e quindi con servizi migliori», dice ancora Antonio Russo, «e cittadini di serie B, che vivono là dove i bilanci consentono investimenti e quindi servizi assai minori in quantità e qualità». Si aggraverebbero ancora di più le già esistenti sperequazioni sociali, specialmente in mancanza di una riforma del welfare e con un sistema di infrastrutture sociali che al Sud è assai carente.

Per le Acli insomma il rischio è di andare verso una forma di federalismo competitivo con venti regioni a statuto speciale, quasi che l’Italia dovesse diventare come la Svizzera o come la Germania, con i suoi Länder autonomi ma questo rischia di essere una enorme sciocchezza in un mondo in cui sono i grandi agglomerati economici a condurre il gioco. Tanto più, nota sempre Antonio Russo, che il Paese ha conclamate fragilità, a cominciare dai sei milioni di poveri, per non parlare delle percentuali di abbandono scolastico o della disoccupazione. Insomma c’è una Italia a due velocità e il rischio concreto è di avere una riforma che fa parti diseguali tra diseguali.

Alla domanda se comunque il disegno di legge attribuendo maggiori responsabilità a livello locale non vada nel senso di quella sussidiarietà contemplata dalla Dottrina sociale e perfino dalla Costituzione Russo risponde che «semmai si tratterebbe di una sussidiarietà alla rovescia, in quanto se nell’aiuto sussidiario sono disposto a mettere anche qualcosa di mio per raggiungere un livello comune qui potremmo avere a che fare con Regioni che in virtù delle loro estese competenze potrebbero essere tentate di considerarsi quasi degli stati indipendenti, in competizione con quelli a fianco». Per chiarire il concetto il vice presidente delle Acli fa un esempio: «Tra Puglia e Basilicata scorre il fiume Bradano ricco di acqua e già sulla sua ripartizione vi è conflitto tra le due amministrazioni regionali, che non so come sarebbe risolto se domani dovessimo avere questa autonomia differenziata che attribuisce competenze esclusive sulla materia. La Basilicata potrebbe arrivare a dire che l’acqua non esce dalla regione e immaginiamo le conseguenze per l’agricoltura pugliese»

Insomma si tratta di una proposta di riforma con troppi punti interrogativi, che non ripiana le differenze strutturali preesistenti ma al contrario rischia di accentuarle e che oltretutto per come è formulata non chiarisce diversi punti essenziali, tanto da lasciar presagire un esito finale diverso da quello oggi prospettato.

Per Antonio Russo, infine è discutibile anche lo strumento scelto, quello della legge ordinaria, per una riforma che modificherebbe la stessa struttura dello Stato mentre sarebbe stato forse più opportuno consultare anche i cittadini mediante una procedura di riforma costituzionale.

Insomma, siamo di fronte ad un qualcosa di non ben ponderato, che lascia perplesse non soltanto le Acli, ma la stessa Conferenza episcopale, l’Azione cattolica e perfino Confindustria.

L’autonomia differenziata che rischia di dividere l’Italia https://pop.acli.it/images/Autonomia_differenziata_logo.png Redazione POP.ACLI