Il 28 febbraio 2013 Benedetto XVI si è dimesso da Papa e il 13 marzo 2013 il cardinal Bergoglio è stato eletto pontefice col nome di Francesco...

Sono passati dieci anni e si possono fare alcune riflessioni su eventi così epocali.

Benedetto XVI non è stato il primo Papa a dare le dimissioni e forse non sarà neanche l’ultimo. I motivi, nella storia, sono stati i più diversi e non sempre una scelta libera. Ratzinger lo ha fatto con grande coraggio e consapevolezza per il bene della chiesa, in quanto non si sentiva più in grado di adempiere ai doveri del suo ufficio. Un gesto di grande umiltà che solo un uomo con un profondo rapporto con Dio può compiere, cogliendo di sorpresa sia i fedeli cattolici che il mondo intero.

Egli ha incarnato, con la sua particolare competenza teologica, il meglio della Tradizione viva della comunità cattolica e non solo, dialogando con onestà con gli ebrei, con i musulmani e il mondo laico, rimanendo fedele al Vangelo e alla Tradizione. Non sempre è stato compreso fino in fondo, polemiche non sono mancate, ma nel complesso ha mantenuto la barra della barca di Pietro nel solco del Vangelo, così come era stato “aggiornato” dal Concilio Vaticano II in un dialogo con l’umanità intera.

Certo la sua tradizione teologica, di marca sostanzialmente europea, faceva fatica ad essere accolta e compresa nel mondo globalizzato, ma la sua ricchezza di pensiero lo ha reso capace quanto meno di un ascolto profondo del moderno che avanza con le sue istanze, cui ha chiesto ad altri di prendersene cura.

E qui è arrivato Papa Francesco: “I miei fratelli cardinali sono andati a prendere il vescovo di Roma alla fine del mondo” (discorso alla sera dell’elezione). E in effetti un altro mondo è arrivato a Roma, un gesuita prima di tutto, un uomo che fa del discernimento spirituale la sua modalità quotidiana per scegliere cosa fare. Un esempio per ogni cristiano che desideri vivere secondo l’insegnamento e la prassi di Gesù.

Se papa Ratzinger era ancora nel solco di una tradizione che accentuava l’obbedienza al comandamento piuttosto che il discernimento spirituale, Papa Francesco ha messo l’accento sulla misericordia di Dio e sulla vicinanza a chiunque soffra, facendone la cifra del suo pontificato. Si tratta di accenti che corrispondono alle esigenze delle varie epoche e che devono convivere con tutti gli altri aspetti della fede.

Mons. Sequeri parla di una chiesa che deve passare da essere prevalentemente custode del comandamento – necessario ma non sufficiente – a essere testimone dell’intercessione presso Dio degli uomini peccatori. L’esempio è ciò che ha fatto Mosè sul monte Sinai quando il Signore Dio, di fronte al peccato del vitello d’oro, ha detto ha Mosè che gli avrebbe dato un altro popolo. Mosè, con coraggio e decisione, ha detto a Dio che sarebbe rimasto con il suo popolo di dura cervice, perché a questo popolo il Signore aveva dato la vita facendolo uscire dalla schiavitù d’Egitto (cfr. Es 32, 11-14). E il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Fin dalla sera della sua elezione Papa Francesco ha chiesto preghiere al popolo di Dio affinché lui, peccatore, potesse vivere con confidenza il suo ufficio di pastore che vive in mezzo al gregge che puzza e che si prende cura delle pecore più fragili e deboli.

Una ventata evangelica, che ha sorpreso il mondo intero. Non sempre le sue decisioni sono state cristalline, ma Bergoglio sa bene che per prendere le decisioni non sempre si hanno tutte le informazioni sufficienti e necessarie, che c’è sempre un margine di incertezza di cui occorre farsi carico, capaci di ritornare sui propri passi, se necessario. Una decisione presa non deve diventare un idolo cui sacrificare persone, poiché la decisione fa parte di un processo dinamico in cui c’è la possibilità di rivedere quanto deciso, se ci sono ragioni sufficienti e nuovi argomenti per farlo.

Nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium (268-274) egli parla del piacere spirituale di essere popolo, ciò della capacità di essere una comunità che segue Gesù nel suo stare in mezzo al popolo, tra i peccatori che riconoscono di avere bisogno di lui per salvarsi, per trovare la vera vita secondo il comandamento dell’amore: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questi» (Mc 12-29-31).

Papa Francesco ha confessato di aver sempre chiesto al Signore la grazia di avere il senso dell’umorismo (intervista alla Associated Press del 25 gennaio 2023), un tratto umano indispensabile per poter sorridere delle proprie e altrui debolezze con compassione, per camminare insieme consapevoli della fragilità umana e che è il Signore che guida le danze della storia con chiunque voglia danzare con lui.

Papa Francesco è il dono di Dio a questa nostra epoca, un dono prezioso che – come sempre – indica ancora una volta la via del coraggio della misericordia come quella più fedele all’invito di Gesù per vivere e realizzarsi in una vita piena dedita agli altri.

Gesù vive in mezzo a noi https://pop.acli.it/images/Benedetto_XVI_Francesco.jpg Redazione POP.ACLI