L’azione delle Acli in materia di inclusione dei migranti, si è svolta lungo tre direttrici: culturale, politico e sociale...

Molte sono le date che ricordano più o meno velatamente i morti nel mare nostrum. Il 20 giugno si commemora la giornata dei rifugiati, l’8 luglio c’è quella del Mediterraneo e il 30 quella contro la tratta; il 3 ottobre di quest’anno ricorrerà anche il decennale del naufragio di Lampedusa. Insomma, molte date per riflettere, ma evidentemente non abbastanza. Fra il 2014 e il 2021 sono morti nel Mediterraneo 22.521 persone. E’ come se i cittadini di Enna, il nostro capoluogo di provincia siciliano, fossero spazzati via in soli 8 anni. Eppure, nel 2022, guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani hanno fatto aumentare il numero di rifugiati nel mondo del 21%, arrivando a circa 110 milioni.

Questi numeri ci dicono che l’auspicata disponibilità e capacità di accogliere i popoli in fuga, evocata molte volte nel corso di questi anni di fronte alle tragedie nel nostro mare, continua a retrocedere. Si stanno facendo passi indietro nell’accoglienza di chi fugge dalle sofferenze negando a chiunque ogni possibilità di una vita migliore.

Gli europei e l’UE dovrebbero finalmente abolire la parola “invasione” e smettere di dire che queste tragedie non sono prevedibili. I migranti stanno arrivando in Europa attraverso i soliti e noti canali. La crisi può quindi essere risolta se gli stati che compongono l’Europa, compresi quelli Visegrad, si dichiarano disponibili all’accoglienza e a una redistribuzione delle persone che provano a raggiungere il continente europeo.

L’esternalizzazione delle frontiere, l’unica politica proposta da anni dall’UE, è stata fallimentare, oltre che eticamente dubbia: spostare il confine dell’Europa sempre più in là, trattando con governi improbabili dal punto di vista dei diritti umani, come quello libico e quello turco, ha fatto sì che i migranti siano stati utilizzati come un’arma impropria per ricattare, avere vantaggi e chiedere risorse all’Europa, tenendo in condizioni disumane queste persone.

Di pari passo, con l’esternalizzazione delle frontiere si è ampiamente diffusa anche la criminalizzazione della solidarietà, un atteggiamento che rischia di spersonalizzare e disumanizzare la nostra società, portandola ad una pericolosa deriva dell’indifferenza.

Di fronte a ciò, l’azione delle Acli in materia di inclusione dei migranti, si è svolta lungo tre direttrici: culturale, politico e sociale.

Dal punto di vista culturale, quasi 20 anni fa l’Associazione ha lanciato una campagna contro il razzismo, convinta che, di fronte ad una strisciante cultura del respingimento e ad un’idea dell’immigrazione vista come un problema, bisognava cominciare dalle scuole e parlare con i bambini. Il titolo della campagna era Non aver paura, apriti agli altri, proprio perché l’Italia si stava apprestando a diventare un paese di immigrazione, capovolgendo - anche se per breve tempo - la sua storia di emigrazione; infatti, oggi oltre 5 milioni di cittadini regolari di origine straniera lavorano e contribuiscono a migliorare l’Italia.

Le Acli hanno collimato il lavoro culturale con quello politico. Nel nostro paese, c’è un quadro normativo in materia, assolutamente bloccato. Nonostante il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ci informi ogni anno che servono 200/300 mila lavoratori in più, se una lavoratrice straniera desidera entrare nel nostro paese regolarmente, il nostro ordinamento non lo consente. Pertanto, attraverso il sostegno a leggi di iniziativa popolare, le Acli hanno posto un problema in ordine agli accessi, alla regolarizzazione e ai permessi di soggiorno dei lavoratori e delle lavoratrici (campagna Ero straniero); hanno raccolto migliaia di firme e, ai governi che si sono succeduti in questi anni, hanno consigliato delle modifiche al Testo Unico sull’immigrazione che è ancora fermo a qualche decennio fa. Inoltre, attraverso la campagna L’Italia sono anch’io, si sono raccolte 300mila firme per far acquisire, mediante lo ius soli, al milione di bambini di origine straniera, nati in Italia, la cittadinanza. L’iniziativa è stata promossa e sostenuta da oltre cinquanta organizzazioni ma oggi questi ragazzi, ormai diventati adulti, sono ancora stranieri nel loro paese.

Per quanto attiene l’azione sociale, le Acli si sono impegnate nella seconda accoglienza, ossia nella tutela e promozione dei diritti dei cittadini stranieri, attraverso l’Associazione stessa e tutti i suoi servizi.

Di fronte al dramma dei migranti, Papa Francesco ci esorta a muoverci e non solo a commuoverci. Il Santo Padre, attraverso la sua azione incessante, spiega che un’umanità che non riconosce l’umano è destinata a non avere più chiare le priorità e a finire. La partecipazione dei migranti nella società si favorisce riconoscendoli come soggetti di diritto e come ricchezza. Infatti, quando si emigra lo si fa per intero: si portano il genio, la grandezza ed anche qualche difetto. È quindi necessario capire che, solo nell’incontro tra le persone/culture può nascere qualcosa di nuovo che può far germogliare le società del futuro.

L’infinita tragedia nel Mediterraneo https://pop.acli.it/images/migranti_croci_mare.jpg Redazione POP.ACLI