L’idea di robot è entrata da molti anni nell’immaginario collettivo, ma qual’è la realtà attuale e quali sono le prospettive future?

In accordo alla definizione dell’Internation Standard Organization (ISO 8373-2021), ogni apparecchiatura che abbia capacità di percepire segnali dal mondo esterno, e muoversi di conseguenza per svolgere, senza interventi di un operatore umano, un compito assegnato è un robot. Si tratta quindi, come nell’opera di Čapek che ha dato origine al nome robot (dal ceco robota, lavoro duro) di macchine intese a svolgere operazioni al posto di umani.

Nel secondo dopoguerra alla tecnologia meccanica, già estremamente sviluppata con la Rivoluzione Industriale, si affiancano la Cibernetica, la scienza del controllo, l’Elettronica e l’Informatica per la realizzazione dei primi robot industriali, dei bracci meccanici. Molti dei prodotti che oggi usiamo quotidianamente, dai telefoni cellulari alle automobili, non si potrebbero produrre senza robot. I robot industriali sono progettati per operare in aree riservate, e svolgere con precisione e ripetitività compiti che sarebbero pesanti o difficili da eseguire. Il robot industriale opera in contesti in cui non si verificano eventi inattesi, che non saprebbero affrontare.

L’automazione industriale è basata sull’idea di catena di montaggio, in cui ogni robot riceve i pezzi da montare e li assembla con un protocollo definito. Un evento inatteso porta al blocco della macchina o a malfunzionamenti. In molte catene di montaggio dove ancora la presenza umana è necessaria, sono usati quelli che ISO definisce “strumenti robotici”, cioè apparecchi non autonomi che sfruttano la tecnologia robotica, ad esempio, per supportare un operatore nel sollevare qualcosa che sia più pesante di quanto sarebbe indicato per il suo stato di salute.

Strumenti robotici (teleguidati) sono ormai usati da più di un decennio per svolgere operazioni chirurgiche con estrema precisione ed invasività ridotta. L’operazione è responsabilità del chirurgo, che con il robot può raggiungere facilmente zone interne, mantenendone un controllo fine.

I robot per la logistica sono in grado di movimentare beni, dai prosciutti a parti di automobili, all’interno di un magazzino in totale autonomia. Amazon ha magazzini con migliaia di robot che portano all’operatore umano le ceste da cui prelevare gli oggetti da impacchettare, lavoro ancora svolto a mano data la complessità della manipolazione di oggetti tanto diversi.

Lo sviluppo della tecnologia, ed in particolare dei calcolatori e dei sensori, ha permesso di realizzare negli ultimi anni anche robot che operano nell’ambiente non progettato per le loro esigenze in cui viviamo. Da anni sono sul mercato robot pulitori domestici e tagliaerba, in grado di coprire un’area in modo sistematico

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Ad ogni Natale milioni di robot invadono le nostre case sotto forma di giocattoli interattivi, che reagiscono a carezze, simulacri di cibo, maltrattamenti, introducendo così una nuova dimensione nel gioco dei bambini: il giocattolo attivo.

Si stanno sviluppando anche robot agricoli in grado di gestire autonomamente raccolta, monitoraggio e interventi su diversi tipi di coltivazioni, dalla frutta, alle viti al grano. Questi permettono di sviluppare, tra l’altro, quella che viene chiamata agricoltura di precisione, dove interventi mirati e specifici possono migliorare l’impatto ambientale e lo sviluppo di colture sostenibili.

Anche le auto autonome sono di fatto dei robot, anche se la tecnologia non ha ancora raggiunto il livello di affidabilità, nell’interpretazione dei segnali sensoriali ad oggi disponibili, che garantisca il livello di autonomia desiderato con il grado di sicurezza necessario negli ambienti operativi. A San Francisco sono in atto sperimentazioni con taxi autonomi che al momento incontrano resistenze dovute al numero di incidenti e inconvenienti in cui incorrono. Mettere sul mercato tecnologie non mature può generare precoci rigetti.

Il problema principale nello sviluppo di robot in grado di operare nel mondo reale consiste nella corretta interpretazione dei dati sensoriali nei tempi necessari per svolgere il compito. Occorre considerare da un lato la complessità computazionale (ad esempio, un’immagine da una telecamera consiste di milioni di pixel che, per un’auto autonoma, vanno classificati come “strada”, “pedone”, “cartello stradale”, ecc.), dall’altro la velocità di acquisizione (un’immagine giunge all’elaboratore anche 30 volte al secondo, ma un’auto in un secondo può percorrere anche 350 metri, ed occorre aggiungere i tempi per decidere e realizzare un’eventuale frenata). Gli eventi che possono verificarsi e le condizioni ambientali non sono ancora affrontabili in modo completo con quanto a disposizione.

Un altro aspetto da affrontare consiste nella valutazione del contesto in cui operare. Questo è tanto più critico per i robot di servizio, come quelli che dovrebbero supportare la vita degli anziani, in cui il robot dovrebbe capire e conoscere molto per poter svolgere compiti più complessi della “semplice” rilevazione di una caduta, come, ad esempio, convincere la persona a mangiare o a fare una passeggiata.

Altro ostacolo all’autonomia riguarda l’energia che un robot richiede per muoversi e per elaborare i dati sensoriali, proporzionale al peso delle batterie che può trasportare. Non a caso, molti robot di servizio rinunciano a forme umanoidi (ad esempio, le gambe, o un viso con parti mobili), risparmiando energia per decine di motori, altri rinunciano ad elaborare i dati a bordo, affidandosi a connessioni in rete, più economiche energeticamente, ma anche più lente e inaffidabili.

In conclusione, siamo molto lontani dai robot che vediamo al cinema ed abbiamo ancora bisogno di salti tecnologici importanti per ottenere sensori, elaborazione ed energia necessari per ottenere quel tipo di prestazioni, ma ogni giorno si registrano applicazioni per robot che ci aiutano nella produzione e nella vita quotidiana.

Robot oggi e domani https://pop.acli.it/images/robot_tecnologia_automazione.jpg Redazione POP.ACLI