I successi delle rappresentanze agricole in ambito europeo e le rivendicazioni oggi sul tavolo...

Nell’ultimo decennio l’agroalimentare, dalla produzione alla trasformazione, fino alla commercializzazione, è diventato oggetto di approfondimenti, confronti, evoluzioni culturali, addirittura tendenze o mode. Ha colto l’attenzione popolare come stile di vita, dando rilievo alle professioni impegnate.

La popolarità ha giustamente fatto registrare la complessità delle filiere e ha sofisticato le competenze professionali, raffinato le lavorazioni e possiamo dire, anche, migliorato la qualità dei prodotti e la sostenibilità dei processi produttivi.

Tale prologo è per rappresentare come questi settori non sono assolutamente sottostimati, anzi sono stati valorizzati e ciò è accaduto anche per la qualificazione generale del lavoro.

La domanda allora è: perché è sorta una protesta diffusa in Europa? Ma soprattutto qual è la risposta di Acli Terra ai quesiti generati?

È ormai chiaro che le motivazioni sono differenti da una realtà territoriale all’altra del nostro Continente. Intanto le prime rivendicazioni sono sorte in Germania per due motivi: il primo legato a vicende interne, cioè la decisione del Governo tedesco di togliere le agevolazioni sul gasolio agricolo, perché considerato inquinante e giustamente gli agricoltori tedeschi hanno portato i trattori in strada per dire che non vi è alternativa efficace al mezzo a gasolio; il secondo riguarda il possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e, quindi, del sistema rurale ucraino nella PAC, senza contribuirvi, ma ottenendo benefici, squilibrando ancora di più la concorrenza. Su questo argomento proverei a ricordare i nostri sacrifici economici per unificare le due Germanie.

In Francia, Olanda, Spagna, Portogallo e Belgio le motivazioni sono accumunate a quelle delle rappresentanze italiane, cioè tutte rivolte alle politiche europee sull’ambiente e l’agricoltura.

Quando evidenzio il termine rappresentanze faccio riferimento a noi di Acli Terra, a Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Terra Viva Cisl o l’Alleanza delle Cooperative. Noi tutti abbiamo contestato l’inadeguatezza di alcune misure del “Green Deal” rispetto al quadro sociopolitico attuale, totalmente modificato rispetto alle prospettive costruite, oppure alcune ipotetiche misure oggetto del confronto europeo.

Porto gli esempi della eliminazione delle buste di plastica per la quarta gamma, l’inserimento della farina di insetti negli impasti, la concorrenza non adeguatamente certificata da parte dei Paesi extra Ue, il Nutri-Score, l’etichettatura dei vini simili a quelle delle sigarette, le lentezze burocratiche o il mantenimento del 4% dei terreni incolti. Su questi temi già avevamo ottenuto risultati o deroghe, ma la protesta attuale è servita per spiegare meglio ed ottenere altre soluzioni.

In Italia siamo stati i primi in Europa che, sul cibo sintetico, con una grande alleanza abbiamo ispirato l’approvazione di una legge per vietarne la produzione e la commercializzazione. Sia le Acli che Acli Terra sono state insieme tra i primi firmatari.

Un fenomeno tutto italiano, invece, è stato quello della protesta spontanea relativa a questioni interne come l’Irpef agricola o le cartelle esattoriali. Sull’Irpef agricola vi è stato un errore della maggioranza di governo che si è vista costretta a tornare sui propri passi. Sugli altri temi fiscali le questioni non sono tipicamente rurali, ma trasversali ad ogni settore.

Questa protesta spontanea con Acli Terra non l’abbiamo assecondata per tre motivi: La rivendicazione sindacale noi la riconosciamo nei termini previsti dalla Costituzione; quindi, tramite rappresentanze democraticamente selezionate; la seconda motivazione riguarda la confusione delle istanze; terza, la chiara divisione in sottogruppi orientati diversamente anche con sfumature politiche.

In questi ultimi giorni l’adesione alle manifestazioni pubbliche è calata tantissimo, basti vedere la bassa partecipazione agli appuntamenti al Circo Massimo o davanti al Campidoglio di due di questi gruppi. Torniamo invece alla posizione di Acli Terra che ha rivendicato le questioni prima elencate insieme ai colleghi delle altre organizzazioni, ma ha sottolineato altre tre posizioni. Abbiamo rivendicato strumenti di welfare superiori per questo settore, sia per la tutela previdenziale sia per l’assistenza alla conciliazione tra vita professionale e quella genitoriale.

Tra queste misure anche l’attribuzione della classificazione di mestiere usurante ad alcune categoria come i pescatori. Un welfare al passo con le esigenze dei datori e dei dipendenti e che abbia al centro la persona con tutte le difficoltà fisiche che affronta nel contesto ambientale. Secondo tema proposto da Acli Terra è quello della necessità di rafforzare gli organici delle direzioni agricoltura delle regioni italiane, ora tutte depotenziate nel personale per mancanza del ricambio generazionale e quindi rallentate nei procedimenti amministrativi per l’attuazione della Pac e del Feampa.

Terza proposta, la necessità di sviluppare la cultura della trasformazione diretta da parte dei produttori, soprattutto in forme associate, per accorciare le filiere nei valori economici, utilizzando tutti gli strumenti della Pac in sinergia anche con gli enti territoriali. Ciò per raggiungere uno degli obiettivi fondamentali e fondanti della stessa Pac, cioè l’equa remunerazione dell’agricoltore. Acli Terra ha voluto inserire anche queste istanze per contribuire ad uno sviluppo rurale nel quale i nostri agricoltori possano fare quel passaggio importante che ha evoluto il tessile, cioè da sarti a stilisti.

Ribadiamo che il vero valore del Made in Italy non è il prodotto, ma il valore del talento e della professionalità dei produttori e dei trasformatori.

 

 N. 2 Febbraio 2024

Acli Terra e la protesta degli agricoltori https://pop.acli.it/images/protesta_trattori.jpg Redazione POP.ACLI