Presentata a Roma la ricerca Iref in collaborazione con il Caf Acli condotta su un universo di 600mila famiglie...

Mercoledì 21 febbraio la Delega Famiglia e Stili di vita delle Acli Nazionali, in collaborazione con Iref e Caf Acli, ha presentato a Roma i nuovi dati dell’Osservatorio Acli Redditi e Famiglie, giunto al terzo appuntamento pubblico. Nella sala dell’Hotel Nazionale, di fronte Montecitorio, il repertorio di informazioni scaturite dalle recenti analisi dei dati del Caf è stato condiviso con la platea di giornalisti, studiosi, membri di associazioni e politici presenti.

Lidia Borzì, delegata di presidenza alla famiglia, introducendo i lavori ha ricordato che l’Osservatorio è frutto di un lavoro di sistema delle Acli. L’Area Famiglia ne ha promosso la costituzione per dare risposte sempre più efficaci e protagonismo alle famiglie, partendo proprio dall’ascolto. L’ascolto competente dei bisogni è già una forma di intervento sociale e politico. Senza contare che dietro i numeri ci sono le persone e le famiglie, cui rivolgiamo ogni giorno la nostra azione sociale. Su un tema cruciale come il sostegno alle famiglie, Borzì ha rilevato quanto sia importante il dialogo con i rappresentanti politici e istituzionali, dunque con chi ha il compito di tradurre in precise scelte politiche le informazioni raccolte e le proposte che ne possono derivare.

Stefano Parisi, presidente del Caf Acli, ha ricordato l’impegno dell’ente di assistenza fiscale nella fornitura dei dati per l’Osservatorio, che monitora periodicamente le famiglie per interpretarne i bisogni e farsi portavoce presso il governo di proposte concrete su politiche familiari, economiche e sociali. Grazie alla collaborazione del Caf, è possibile un lavoro di scavo, che rappresenta un unicum nel suo genere perché si basa su un panel di oltre 600.000 dichiarazioni dei redditi, analizzate in forma rigorosamente anonima, riferibili a famiglie che sono state seguite dal Caf Acli negli ultimi quattro anni.

Alessandro Serini, ricercatore dell’Iref, ha illustrato i dati della ricerca. Le analisi presentate consentono una panoramica sui redditi degli Italiani, confermando che negli ultimi anni essi sono sostanzialmente immobili. Questa rigidità dei redditi rappresenta un problema già in condizioni “normali”; quando poi interviene una crisi (pandemia, guerra, ecc.), la situazione diventa molto difficile. Negli ultimi anni, in particolare, la crescita dell’inflazione anche a seguito dei conflitti internazionali ha prodotto una perdita secca del potere d’acquisto per la maggior parte delle famiglie del panel (79%), “misurabile” anche in carrelli di spesa in meno (da un minimo di 4 carrelli ad un massimo di 8 in meno, a seconda della tipologia familiare). La perdita mediana di reddito familiare equivalente è stata di 240 euro al mese, mostrando un impoverimento del ceto medio, che è ben visibile nel campione considerato: l’inflazione ha, infatti, eroso i redditi più del Covid, tanto da far aumentare le famiglie sotto la soglia di povertà relativa dal 7,6% del 2021 al 9,8% del 2023, che è un dato molto significativo. Ciò non può non avere effetti a lungo termine, sia sulle scelte di vita (progettualità familiare, natalità, benessere generale), sia sulla tenuta del Paese. L’aumento del costo del denaro determinato dall’inflazione a doppia cifra ha influito anche sulla spesa per i mutui per l’acquisto dell’abitazione, che ha avuto un’impennata: la quasi totalità delle famiglie che hanno acceso un mutuo a partire dal 2020 ha visto in due anni gli interessi aumentare in media di oltre 1060 euro. In questa situazione di difficoltà che affligge molte famiglie si riduce anche lo spazio per le attività ludiche, ricreative e socializzanti dei figli, assai importanti per i giovani, specie dopo l’isolamento sociale della pandemia: solo il 5% delle famiglie detrae le spese per le attività sportive dei figli.

Le donne si trovano nelle condizioni di maggiore disagio. Esse risultano soggette ad una “doppia sottrazione”: da un lato, presentano già in partenza redditi più bassi (nelle dichiarazioni 730 del 2023, il reddito medio equivalente annuo delle famiglie con dichiaranti donne è stato di 247 euro più basso rispetto agli uomini, il che le pone sotto la soglia di povertà con uno scarto di 17 punti percentuali in più rispetto agli uomini), dall’altro lato sono coloro che hanno perso di più nell’ultimo periodo (le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media quasi 250 euro in più rispetto agli uomini). In sostanza, scontano difficoltà di reddito lungo tutto l’arco della vita, il che non favorisce né la loro autonomia economica (perché dipendono sempre da qualcuno), né le loro scelte procreative. Va, inoltre, rilevato che solitudine e povertà sembrano andare a braccetto: le famiglie di anziani soli in povertà relativa costituiscono l’11% del panel, a fronte del 9,4% di dichiaranti in povertà più giovani. Tra le famiglie unipersonali formate da over 70 in povertà relativa prevalgono nettamente le donne: il rapporto con gli uomini è di 1 a 6 (per ogni uomo over 70 in povertà relativa ci sono sei donne nelle medesime condizioni).

I dati, per molti versi allarmanti, sono stati commentati da Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Associazioni familiari, e da Antonio Russo, vicepresidente Acli e Portavoce dell’Alleanza contro la povertà. Il primo, sottolineando come molte tendenze riscontrate siano contrarie alla libera espressione delle persone e al loro desiderio di fare famiglia, ha evidenziato che l’approccio su cui si fonda l’Osservatorio, basato su leggere, interpretare, rispondere e proporre, ecc. sia utile anche in vista delle Settimane Sociali dei Cattolici, perché è un modo per sostenere la democrazia, che va sempre stimolata. Antonio Russo ha invece rilevato come i dati confermino un quadro in larga parte conosciuto dall’Alleanza contro la povertà. I problemi si trascinano da almeno un decennio, lungo il quale si sono succeduti otto governi e ben cinque misure diverse a contrasto della povertà. Ciò mostra – ha ribadito il Portavoce – l’assoluta necessità di politiche che vadano oltre l’orizzonte di una legislatura.

La parola è poi passata ai parlamentari di diverso schieramento intervenuti all’incontro, che hanno accettato l’invito a confrontarsi con i dati dell’Osservatorio. Paolo Barelli, di Forza Italia, ha esordito ricordando che la compagine governativa ha molto a cuore le famiglie e citando i buoni dati sull’occupazione, positivi in quanto il lavoro è un fattore essenziale per fare famiglia. Luciano Ciocchetti, di Fratelli d’Italia, ha introdotto un elemento di ottimismo dal momento che l’inflazione sta scendendo, così come i costi dell’energia, che hanno prodotto tanti problemi. Ha poi ricordato le misure adottate dal governo per contrastare l’impoverimento. Marco Furfaro, del Partito Democratico si è concentrato sul necessario cambio di passo culturale rispetto alle condizioni di chi versa in povertà: esse vanno affrontate non con la colpevolizzazione individuale ma con la responsabilità collettiva. Andrea Quartini, del Movimento 5 Stelle, apprezzando l’iniziativa che ha il merito di fornire indicazioni dalle solide basi, ha affermato l’esigenza di politiche serie, che aggrediscano alcuni problemi come quello della precarietà lavorativa, essenziale per dare respiro al Paese.

Ha chiuso i lavori il presidente nazionale Acli, il quale ha sottolineato la fondamentale importanza che riveste la famiglia per ogni essere umano. Anche dal punto di vista sociale, sostenere i legami familiari è l’unico modo per vincere l’individualismo, ha chiosato Manfredonia. A commento conclusivo dei dati e della giornata, il presidente ha voluto mettere in risalto il fatto che il Paese ha due questioni prioritarie da affrontare con politiche integrate e lungimiranti per supportare le famiglie, che intervengano sulla questione del salario dignitoso e sul fronte della cura. Al di là delle congiunture, infatti, serve un approccio di ampio respiro, che abbraccia le politiche del lavoro, le politiche abitative, educative e sociali affinché siano capaci di offrire risposte che superino l’assistenzialismo e mettano la famiglia al centro di un progetto sistemico di benessere e di sviluppo promozionale.

Per questo le ACLI tra le altre cose richiedono il salario dignitoso, l’adeguamento reale degli stipendi all’inflazione, la riforma dell’ISEE che non penalizzi i ceti medi come sembra essere ora (basti solo pensare che oggi l’assegno unico aumenta l’ISEE), il potenziamento dell’assegno unico e l’erogazione integrale dello stesso anche dopo i 18 anni e fino al compimento del percorso di studi,  nonché  necessarie e non rinviabili  politiche di conciliazione lavoro famiglia efficaci, capaci di colmare il gap occupazionale delle donne, sempre più povere e penalizzate, molte delle quali costrette a non potere rientrare al lavoro dopo la maternità.

 

N.2 Febbraio 2024

Nella tempesta dell'inflazione: i nuovi dati dell'Osservatorio Acli redditi e famiglie https://pop.acli.it/images/d1bf641b-4f35-41d0-bd82-4d17ea9900bc.jpeg Redazione POP.ACLI