Il 12 giugno prossimo andranno al voto 980 Comuni, cioè il 12.4% dei Comuni italiani. Ciò avviene in un contesto delicato che però non sminuisce l’importanza dell’appuntamento elettorale. Anche questa volta saranno diversi i candidati Sindaci e consiglieri comunali provenienti dalle fila delle Acli.

Il 12 giugno prossimo andranno al voto 980 Comuni, cioè il 12.4% dei Comuni italiani, fra cui quattro capoluoghi di Regione: Genova, Palermo, L’Aquila e Catanzaro e numerosi capoluoghi di Provincia. A differenza dello scorso anno, quindi, il voto di quest’anno non impegna né Regioni né metropoli ad eccezione dei capoluoghi ligure e siciliano, ma costituisce un test significativo, il penultimo prima delle elezioni politiche della primavera del prossimo anno; l’ultimo sarà le elezioni regionali siciliane in autunno.

Il dato che emerge dal quadro, non agevole da ricostruire, delle alleanze che si sono determinate è quello da un lato del saldarsi dell’alleanza fra il centrosinistra guidato dal PD e il Movimento Cinquestelle - almeno a livello locale; tenuto peraltro conto che in molte realtà il M5S riscontra serie difficoltà a presentare proprie liste -. A ciò fa riscontro un divaricarsi nelle posizioni fra i partiti di destra che tuttavia è dubbio che si ripresenterebbero alle elezioni politiche se si dovessero ancora tenere con un meccanismo che invita alle coalizioni.

In quale contesto si collocano le prossime elezioni amministrative?

La guerra in Ucraina, la ripresa dell’inflazione in assenza di un contestuale aumento delle retribuzioni, la crisi energetica e la pandemia, che ancora non è stata debellata mentre l’Italia riapre a fatica, stanno oggettivamente ponendo il voto del 12 giugno in secondo piano nell’agenda politica, nel “palinsesto” dei media e di conseguenza anche nell’attenzione degli elettori.

I circa nove milioni di cittadini chiamati alle urne, insieme alla restante parte del corpo elettorale italiano, saranno poi contestualmente chiamati a pronunciarsi in merito alla consultazione referendaria sulla giustizia con i cinque quesiti sulla riforma della magistratura riguardo ai quali si chiede il pronunciamento del popolo sovrano.

Saranno diversi i candidati Sindaci e consiglieri comunali provenienti dalle fila delle Acli, secondo una tradizione del nostro Movimento, così profondamente radicato nelle comunità locali e capace di farsi carico dei loro problemi come di formare persone che più direttamente partecipano all’attività amministrativa. E’ evidente che le Acli in quanto tali non hanno un’appartenenza partitica, ma nello stesso tempo non sono indifferenti rispetto alle scelte politiche di fondo che le Amministrazioni locali sono chiamate a fare in un contesto difficile, segnato prima dalla pandemia e poi da uno scenario bellico che può frenare la ripresa.

In materia di politiche sociali, culturali, abitative, sportive, ambientali, giovanili riteniamo sia necessario avere una visione complessiva ed integrata di un welfare, municipale e metropolitano, capace di generare risorse proprie all’interno delle comunità, promuovendo processi d’integrazione delle reti locali, ripartendo da un’analisi condivisa della realtà dei bisogni e delle forze in campo.

I Comuni possono mettere a punto misure di incentivazione e de-burocratizzazione per attrarre investimenti produttivi sostenibili e imprese innovative. Inoltre, per affrontare dal basso l’emergenza occupazionale i servizi municipali possono fare rete tra loro, col mondo delle imprese, della cooperazione e del terzo settore, con le agenzie per il lavoro, per favorire l’accompagnamento della persona e il virtuoso incontro tra domanda e offerta di occupazione e per finanziare percorsi di riqualificazione professionale.

Gli Enti locali possono e devono avere un compito importante nel condurre il processo di integrazione e di evoluzione sociale culturale ed economico. Nei programmi per richiedenti asilo occorre giungere ad una compartecipazione attiva e responsabile con la pianificazione europea e nazionale per la suddivisione intelligente delle quote assegnate e frazionate per ogni Comune e occorre sviluppare politiche interistituzionali e di coinvolgimento della società civile, partendo dalle scuole e dalla valorizzazione dell’impegno civico dei migranti.

In tema di abitare è opportuno discernere tra le politiche urbanistiche a servizio della persona e quelle che seguono altre logiche: è necessario saper interpretare la metamorfosi dei nostri Comuni avendo come principi di riferimento la rigenerazione urbana, la riqualificazione degli spazi già costruiti, e di quelli che smettono di avere una loro funzione: siti urbani obsoleti, che in molti casi rappresentano degrado e forti problematiche sociali e di ordine pubblico. Riutilizzare le aree dismesse permette altresì di evitare un eccessivo consumo di suolo.

Pochi mesi fa sono stati rinnovati – nel disinteresse generale - gli organi politici di quasi tutte le Province e le Città metropolitane. Il metodo dell’elezione indiretta del Consiglio e, per le Province, del Presidente, non è meno democratico di altri, ma oggettivamente riduce la questione degli organi degli Enti intermedi a vicenda interna del ceto politico. Più in generale, manca una riflessione sul ruolo di tali Enti, sul rapporto fra i cittadini e la dimensione sovracomunale e la definizione di un chiaro profilo della Città metropolitana nel quadro del rapporto fra Comune capoluogo e Comuni esterni. Ciò soprattutto vale in materia di organizzazione del sistema delle strade e dei trasporti pubblici della rete delle scuole di grado superiore, del coordinamento della programmazione territoriale e delle politiche sociali.

Più in generale, si avverte l’esigenza di riconferire al governo delle città quel ruolo di luogo di istituzione primaria che gli spetta nella costruzione del modello di democrazia partecipativa, secondo l’intuizione sempre valida di Luigi Sturzo per cui i Comuni sono Enti autonomi, centri di autogoverno, con potere proprio ma non divergente dallo Stato. Insomma, che siano dotati di autonomia comunitaria in grado di tenere unite le varie parti del territorio all’interno di un ordinamento comune che li colleghi finanziariamente ed economicamente e, soprattutto, assicuri loro una legislazione omogenea.

È il quadro delineato dalla Costituzione, che ora deve essere finalmente affrontato da una larga revisione della legislazione ordinaria in materia di Enti locali che si prefigga l’obiettivo, appunto, dell’omogeneità e dell’efficacia dell’azione degli Enti locali. Su questo tema le Acli saranno attente ed esigenti.

A giugno elezioni per 980 Comuni. Il “programma” delle Acli https://pop.acli.it/images/REFERENDUM_800x530.jpg Redazione POP.ACLI