A Mandela possiamo guardare sempre con fiducia e speranza, perché persone con le sue qualità possano far sentire la loro voce nei conflitti...

Il 9 maggio 1994 Nelson Mandela divenne il primo presidente nero del Sudafrica. Lo ricordiamo per la sua capacità di guidare la lotta contro l’aparthaid, cioè la discriminazione delle persone per legge a causa della appartenenza a una razza, praticata nel suo paese dal 1948 al 1991. 

Nato il 18 luglio 1918 in un villaggio, fu educato nella chiesa metodista, educazione per lui rimasta significativa fino alla sua morte il 5 dicembre 2013 a causa delle conseguenze dei lunghi anni trascorsi in prigione.

Nel 1942 si unì all’African National Congress per lottare contro il regime segregazionista, attraverso anche il sostegno legale ai neri che cercavano di far valere i loro diritti. La sua lotta di liberazione vide anche un periodo in cui sostenne la lotta armata contro il governo ispirandosi alle azioni di Fidel Castro a Cuba. La sua attività lo portò alla detenzione dal 1962 fino alla liberazione avvenuta l’11 febbraio 1990 all’età di 71 anni. 

Con il presidente de Klerk ricevette il premio Nobel per la pace nel 1993 per aver insieme coordinato la transizione dal regime di aparthaid alle libere elezioni che lo videro vincere proprio su de Klerk che nominò suo vicepresidente. 

Durante la prigionia gli fu cara la poesia Invictus che il poeta W. E. Henley aveva scritto sul letto di morte:

«Dal profondo della notte che mi ricopre 
Nera come la fossa da un polo all'altro 
Ringrazio gli dèi qualunque essi siano 
Per la mia anima indomabile. 
Nella stretta morsa delle avversità 
Non mi sono tirato indietro né ho gridato. 
Sotto i colpi d'ascia della sorte 
Il mio capo è sanguinante, ma indomito. 
Oltre questo luogo di collera e lacrime 
Incombe soltanto l'orrore delle ombre. 
Eppure la minaccia degli anni 
Mi trova, e mi troverà, senza paura. 
Non importa quanto stretto sia il passaggio, 
Quanto piena di castighi la vita. 
Io sono il padrone del mio destino: 
Io sono il capitano della mia anima»

e che lo sostenne nella dura prova di questo periodo. In prigione si convinse che la migliore forma di lotta fosse la nonviolenza e che la rivolta armata fosse l’ultima risorsa quando tutte le altre forme di lotta fossero fallite. 

Per questo da Presidente istituì un tribunale speciale, la Commissione per la Verità e la Riconciliazione che aveva come scopo quello di raccogliere la testimonianza delle vittime e dei perpetratori dei crimini commessi da entrambe le parti durante il regime, richiedere e concedere (quando possibile) il perdono per azioni svolte durante l'apartheid, per superarla non solo per legge ma per riconciliare realmente vittime e carnefici, oppressori ed oppressi. La Commissione rappresenta ad oggi la più celebre applicazione del concetto di giustizia riparativa. Mandela scelse infatti di sanare le ferite del Sudafrica attraverso la costruzione di un dialogo tra vittime e carnefici, in antitesi al paradigma della "giustizia dei vincitori" o della corte penale internazionale, spesso orientata alla sola punizione dei colpevoli.

La Costituzione provvisoria, in una sua appendice, affermava: «L’adozione di questa Costituzione pone solide basi perché le genti del Sudafrica possano superare le divisioni e le lotte del passato […] Tutto questo si può oggi affrontare a partire dal fatto che c’è bisogno di comprensione, ma non di rivalsa, che c’è bisogno di riparazione ma non di vendetta, che c’è bisogno di ubuntu ma non di accettazione del ruolo di vittime». 

Desmond Tutu, vescovo anglicano e nobel per la Pace nel 1984 per la sua lotta contro l’aparthaid, che fu nominato da Mandela a presiedere la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, così descrive l’ubuntu: «Noi sosteniamo che esiste un altro tipo di giustizia, la giustizia restitutiva, a cui era improntata la giurisprudenza africana tradizionale. Il nucleo di quella concezione non è la punizione o il castigo. Nello spirito dell’ubuntu, fare giustizia significa innanzitutto risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rapporti, cercare di riabilitare tanto le vittime quanto i criminali, ai quali va data l’opportunità di reintegrarsi nella comunità che il loro crimine ha offeso» (D. Tutu, Non c’è futuro senza perdono, Feltrinelli, Milano 2001, p. 46). 

Mandela fu inoltre ascoltato consigliere dei rappresentanti dello Sinn Féin irlandese durante le trattative di pace con il governo britannico. 

Mandela è stato riconosciuto internazionalmente come persona di grande spiritualità e senso della giustizia. A lui sono stati dedicati luoghi, canzoni e film, in particolare Invictus con la regia di Clint Eastwood. 

A Mandela possiamo guardare sempre con fiducia e speranza, perché persone con le sue qualità possano far sentire la loro voce nei conflitti che ancora oggi non trovano una soluzione pacifica e una riconciliazione degli affetti e delle situazioni concrete che ancora oggi sono presenti nel mondo. 

Nelson Mandela uomo di lotta e di pace https://pop.acli.it/images/MAGGIO/mandela.jpg Redazione POP.ACLI