Il 21 giugno è la festa della musica. Ci piace celebrarlo ricordando Giovanna Marini, forse la più grande cultrice e interprete della musica popolare in Italia, attraverso la testimonianza di Lucia Staccone che con lei ha condiviso un lungo percorso “in musica”… 

Era il 1988. 
Avevo 21 anni e volevo cantare. In un coro però, perché ero timida.

Così andai alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio. 

A Roma, in quegli anni, la Scuola era già un’istituzione e la sua fama si era diffusa in tutta Italia e anche all’estero.
 

Era nata nel 1975 e nell’idea dei suoi promotori c’era la volontà di offrire uno spazio dove tutte/i potessero fare musica e dove la musica si facesse insieme (come è scritto nella presentazione che appare sul sito: “La Scuola Popolare di Musica di Testaccio è più di una scuola di musica”).
Insomma, vado e mi iscrivo. 

Ma, essendo quella “più di una scuola”, molti insegnanti e gli studenti stessi mi invitano con una certa insistenza a frequentare anche il laboratorio di Giovanna Marini, co-fondatrice della Scuola e già maestra amatissima, da tutti considerata “l’anima” di quel luogo.

“Evvabene” – penso – non conoscendola e non sapendo che da quel momento anche io sarei stata più di una
semplice iscritta.  

Non è esagerato dire che l’incontro con Giovanna Marini ha cambiato la mia vita, come ha cambiato quella di molte e di molti altri.
Me ne sono resa conto nei giorni successivi alla sua morte, avvenuta poco più di un mese fa: ha lasciato un mondo di allieve/i! Di donne e di uomini che tali si sono sentiti, magari avendo percorso con lei solo un tratto brevissimo di strada, comunque sufficiente ad essere contagiati dal suo specialissimo sguardo sul mondo. 

Perché anche lei, come la Scuola, era molto più di una “docente”: Giovanna era maestra d’ascolto, prima ancora che di canto, e di scoperte; maestra di rigore e di passione. Era una ricercatrice infaticabile, di voci, di suoni e anche di anime. Forse soprattutto di anime, considerando il suo inesausto interesse per i canti rituali e paraliturgici di tradizione orale.
 

Dunque, mi iscrivo anche al suo corso. E da lì in poi – per dirla col titolo di un film – “non mi sono potuta più nascondere”. Perché Giovanna le persone le voleva conoscere attraverso la voce, attraverso le frequenze, i toni e il timbro che in quella si esprimevano.
Addio, dunque, alla mia idea di un coro “comodo”, all’interno del quale esprimermi con moderazione e senza troppa esposizione. Non con Giovanna. Il lavoro con lei aveva sempre un esito trasformativo: così, il coro dei
Modi del canto contadino mi ha portato a guardare in modo diverso alla storia della mia famiglia. Per la prima volta mi sembrava di com-prendere le cantate delle mie zie, cioè l’esperienza del canto anche in relazione alla sua funzione all’interno di una tradizione. 

Con lei ho conosciuto un’Italia mai vista, o forse sarebbe più corretto dire “mai sentita”. Ho condiviso con lei l’attività di ricerca dei canti della tradizione orale, contadina e non, per oltre trent’anni. Abbiamo attraversato il Paese più e più volte, tutti gli anni, quasi sempre durante la Pasqua, il periodo dell’anno liturgico dove si concentrano le celebrazioni e le cerimonie più importanti. 
Conoscere i luoghi dalla voce… è un’esperienza unica. D’altra parte, Giovanna aveva conosciuto me, e tutte/i noi che l’accompagnavamo, dalla voce.

E noi dalla sua voce continuavamo ad imparare, non solo attraverso il canto. Perché Giovanna è sempre stata un’appassionata narratrice, un’affabulatrice irresistibile e anche divertente.
 

Dal 1988 ad oggi sono trascorsi 36 anni e io non ho mai smesso di seguirla, di seguire il coro – nelle forme mobili che è andato via via assumendo.
Con lei non mi sono potuta più nascondere. Così, appena un anno dopo il nostro incontro, ero con lei – in costume d’epoca – a Piazza Navona. Era il 14 luglio 1989 e si metteva in scena il suo spettacolo per il bicentenario della Rivoluzione francese: un brano per coro e orchestra composto sulle parole della
Dichiarazione dei diritti dell’uomo, intrecciato con il canto di due solisti che interpretavano il dialogo sulla Legge tra Creonte e Antigone [che, nella tragedia di Sofocle, mette in scena il conflitto tra legge umana e legge divina]. Non tutto andò come previsto: i fuochi d’artificio, che dovevano assecondare in sincrono la ritmica dell’opera, ebbero l’effetto di riempire il palco di fumo. Fu così che nello sguardo di Giovanna, grande creatrice di storie oltre che di musica, ci trasformammo da rappresentanti del popolo in aristocratici pronti al patibolo…
Sono stata con lei nella rappresentazione degli oratori composti per alcuni grandi poeti, da Montale a Leopardi a Pasolini, e delle opere di tragici e commediografi greci, tra cui Antigone di Sofocle e l’Assemblea delle donne di Aristofane. 

E sono stata con lei, divertendomi un mondo, nel
Coro Inni e Canti di Lotta, nato nel 1992, subito affiancatosi alla Banda della Scuola, con il quale – a partire dal primo concerto, il 24 aprile 1994 a Sesto Fiorentino in occasione del 50° anniversario della Resistenza – abbiamo attraversato l’Italia, ancora e di nuovo. 

Sì, ci siamo anche divertite molto. Perché, oltre al piacere del fare musica insieme, Giovanna era una donna ironica, che amava ridere e scherzare.
Ecco sì, è stata una festa. Con le sue fatiche e le sue difficoltà, ma una festa.

E io, insieme a qualche migliaio di allieve/i e a qualche milione di italiane/i, ho perso più che una maestra…
 

Per saperne di più 

Giovanna Marini (il sito) 

Scuola Popolare di Musica di Testaccio 

Coro Inni e Canti di Lotta 

Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio 

La discografia più completa è quella realizzata da Wikipedia 

 

Molte registrazioni video sono disponibili su Youtube, tra queste segnaliamo:

  

 

La festa della musica: il mio incontro con Giovanna Marini https://pop.acli.it/images/GIUGNO/Giovanna_Marini.png Redazione POP.ACLI