Varato col decreto legislativo del 21 dicembre 2021, n. 230 Istituzione dell'assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46, l’Assegno unico familiare entra nella vita delle famiglie italiane con questo nuovo anno. Se ne può fare domanda dal primo gennaio, e sarà erogato annualmente da marzo al febbraio dell’anno successivo.

Il provvedimento riguarda ben 7 milioni di nuclei familiari e 11 milioni di minori, cui vanno aggiunti i maggiorenni fino al 21esimo anno d’età e i disabili senza limiti d’età. Basterebbero queste cifre della platea a cui è destinato a sottolinearne l’importanza in termini quantitativi, ma è sul piano culturale e valoriale che ne cogliamo appieno la dimensione di una importante svolta, che mette al centro delle politiche di sostegno alla famiglia il valore della genitorialità e della natalità.

Si mette concretamente mano alle politiche di contrasto alla denatalità, che affligge da molti anni il nostro Paese e che si è accentuata con la crisi pandemica, sanitaria e sociale. Segno di una crescente sfiducia nel futuro e di una difficoltà ad investire nelle relazioni, a partire da quelle familiari che pure si sono rivelate e confermate proprio in questa dura prova la fonte prevalente di resilienza e solidarietà primaria.

L’inverno demografico, come è stato ribattezzato dai media, ha suscitato le preoccupazioni di tutti quelli che hanno a cuore la sostenibilità del nostro sistema economico e sociale, l’armonica convivenza tra le generazioni, la stessa speranza di futuro, sulla quale più volte, anche di recente, è intervenuto lo stesso papa Francesco. Le ragioni di questo ripiegamento sono molteplici, ma non c’è dubbio che la precarietà economica contribuisce a scoraggiare i progetti genitoriali delle coppie.

A questa vulnerabilità, che troppo spesso è incrementata dalla nascita di uno o più figli, viene dunque incontro l’Assegno unico universale familiare, che unifica il sistema disperso e frammentato delle politiche di sostegno del precedente regime, dall’assegno al nucleo familiare agli sgravi fiscali. Il provvedimento segue i criteri della unicità, cioè della semplificazione, e dell’universalità, in quanto riguarda tutte le categorie di lavoratori  - dipendenti e autonomi, pensionati, disoccupati e incapienti -, e infine della modularità legata all’ISEE, indicatore che com’è noto combina reddito e patrimonio, rapportato al numero dei componenti della famiglia, legando gli importi dell’assegno alle soglie di reddito certificate.

Si va da un minimo di 50 euro con ISEE superiore a 40.000 euro o in assenza di ISEE, ad un massimo di 175 con ISEE fino a 15.000 euro, per i figli minori a carico, dai 18 anni ai 21 l’importo massimo è di 85 euro, che si riducono progressivamente fino ad un minimo di 15 con il crescere dell’ISEE.

L’universalità è garantita anche in termini di cittadinanza perché l’assegno è previsto anche per gli stranieri con diritto di soggiorno, se cittadini UE, o permesso di soggiorno di lunga durata o contratto di lavoro (anche per studio e ricerca) di almeno 6 mesi, purchè paghino le imposte sul reddito in Italia.

Ci sembrano indicatori culturali di grande importanza, come pure di enorme rilievo è la valorizzazione della genitorialità nei compiti educativi e di cura per i figli disabili, per i quali non è previsto nessun limite di età nel diritto all’assegno. Il riconoscimento della dignità della persona  dalla famiglia investe direttamente il figlio colpito dalla disabilità.

Il sistema di conteggio dell’importo è completato dalle maggiorazioni previste, che nel loro insieme definiscono la volontà del legislatore di “personalizzare” i sostegni economici, avvicinandosi a quello che amo chiamare un welfare sartoriale. Sono previste dal terzo figlio in poi (da un massimo di 85 euro a un minimo di 15, sempre in relazione alle soglie dell’Isee), nel caso in cui entrambi i genitori lavorino (30 euro al mese per figlio minorenne,fino a scomparire a 40.000 euro di reddito), in termini forfettari di 100 euro mensili per i nuclei con 4 o più figli. Per i primi tre anni, inoltre, è prevista una maggiorazione transitoria per i redditi fino a 25.000 euro per coloro che nel 2021 hanno percepito l’assegno familiare, ai fini di una sorta di compensazione a eventuali perdite nel passaggio al nuovo regime.

Maggiorazioni previste anche per figli disabili, che arrivano a 105 euro mensili in caso di non autosufficienza, e per le mamme con meno di 21 anni (20 euro al mese per figlio). Al di là dell’entità di queste integrazioni, emerge l’intento di prendersi ulteriore cura dei soggetti fragili, in quanto figli o in quanto genitori. Da questo punto di vista è oltremodo significativa la norma che prevede che l’assegno venga dato, dal prossimo 1° marzo, anche a partire dal settimo mese di gravidanza. Un segnale incontrovertibile chesi vuole riconoscere il valore immediato della scelta genitoriale in quanto portatrice di futuro.

Proprio in questa logica, mi sembra che vada ripensato quanto previsto circa la durata e l’entità dell’assegno, dai 18 ai 21 anni. Dimezzare l’importo dopo il compimento della maggiore età ed eliminarlo dopo i 21 anni, comporta una diminuzione delle risorse familiari proprio nella fase di accompagnamento del figlio nell’iter della sua formazione culturale e professionale. L’ascensore sociale è bloccato nel nostro Paese per il complessivo ritardo della nostra capacità di sviluppo, ma sappiamo che nel suo rilancio proprio i giovani possono giocare un ruolo strategico.

Ne ha parlato da ultimo il Presidente Mattarella, raccomandando alle giovani generazioni di reclamare per sé il passaggio del testimone e il loro “diritto”al futuro, invitandoli (con una bella espressione) a mettere in campo la loro “originalità”e i loro singolari talenti, per il bene comune. Ritengo per questo che l’assegno vada conservato per i giovani per tutta la durata del corso legale degli studi, onde evitare che l’estrazione sociale e il reddito disponibile delle famiglie penalizzino le loro aspirazioni e i loro talenti, nell’interesse della nostra intera comunità nazionale.

Va dunque monitorato l’iter di questo importante strumento nel suo impatto sulle famiglie e sui giovani, in modo che la sua potenziale efficacia in termini di equità e sostenibilità sia effettivamente realizzata, con attenzione a che il nuovo regime che dal 1° gennaio di quest’anno sostituisce altri sostegni (dall’assegno alla natalità o ‘bonus bebè’, all’assegno al nucleo familiare, alle detrazioni fiscali per i figli fino a 21 anni), non si risolva in un danno per le famiglie meno abbienti e per le fasce medio-basse della popolazione, che la crisi pandemica ha già spinto verso e spesso oltre la soglia della povertà.

Come ACLI ci impegniamo su questo fronte, attivando e sollecitando anche i nostri territori perché questo provvedimento sia goduto nella sua concreta esigibilità. A partire dalla puntualità nei termini di scadenza delle domande, che - ricordiamo- vanno ripresentate anche in caso di precedente domanda dell’Assegno temporaneo, mentre ne sono esentati i percettori dei Reddito di cittadinanza, a cui l’INPS provvederà d’ufficio, cioè automaticamente. Per le domande presentate a gennaio e febbraio, l’assegno sarà erogato a partire dal mese di marzo, e fino al 30 giugno saranno corrisposti gli arretrati.

Tutto il nostro sistema di assistenza fiscale e di patronato sarà al fianco dei cittadini e delle famiglie affinchè questa importante misura di politiche familiari, che ci auguriamo sempre più promozionali, coerenti e integrate,  sia il volano di una crescita economica inclusiva e solidale, che metta al centro la famiglia quale cellula primaria di solidarietà e tenuta sociale.

Assegno unico, un sollievo per le famiglie ma da migliorare https://pop.acli.it/images/articoli/shutterstock_653665867.jpeg Webmaster