Questa è la storia che vogliamo ricordare: un’anima vivente che non vogliamo e possiamo dimenticare...

Cominciamo dall’introduzione: c’era una volta un tempo e un paese, in cui le persone dovevano pensarla tutti allo stesso modo, indossare una divisa, salutare alzando il braccio, imparare a imbracciare il fucile fin da bambini.  

Ma l’introduzione non basta, dobbiamo cominciare ad aumentare i dettagli della storia: in quel tempo e in quel paese, la televisione non esisteva e la gente ascoltava la radio, ma non tutte le radio, bisognava ascoltare solo quelle trasmissioni che raccontavano le notizie che, chi governava il paese, aveva deciso fossero quelle giuste. In quel tempo si era consolidata l’idea che chi la pensava in maniera diversa o professava un’altra religione poteva essere una persona pericolosa, qualcuno da evitare e da escludere. La vita sembrava felice, tutto sembrava in ordine ma dietro quella facciata si nascondevano molte cose: si parlava di pace e si tramava la guerra. Si affermava che tutto stava andando per il meglio, che la nazione aveva imboccato la strada della riscossa e che il successo sarebbe stato garantito: ma nello stesso tempo, si stavano costruendo molti campi in cui mandare le persone indesiderate e si stavano sperimentando metodi per eliminare le persone malate. La vita, intanto, scorreva e sembrava felice: ma ormai diverse persone iniziavano a capire che quella non era la verità. Che la libertà non esisteva, che parlare era diventato un lusso e un rischio, che la diversità era bandita in nome di una uniformità fatta di bandiere, grandi assembramenti dentro i quali le singolarità si annacquavano e alla fin fine sparivano, per diventare una massa potente e feroce capace di ogni cosa. Quel mondo perfetto e terribile stava spargendo veleno e paura, violenza e sopraffazione. Quella realtà infangata dalla bugia stava creando mostri e mostruosità. Qualcuno cominciava a ribellarsi. Giovani coraggiosi che iniziarono, a costo della propria vita, a raccontare un’altra verità: Sofia, Hans, Sandro, Leandro, Ferruccio, Gina, Ilaria. Avevano un nome e un volto e un’altra storia da raccontare. E hanno pagato, molti con la vita, quelle parole libere che uscivano dalla loro bocca. Giovani che, interrogando le loro coscienze, hanno fatto scelte dolorose e irreparabili, per alcuni pagate con la morte: Etty, Dietrich, Giorgio, Gino, Lina. 

Ed alla fine la conclusione: oggi, grazie a loro, viviamo in paesi liberi. Questa è la storia che vogliamo ricordare: un’anima vivente che non vogliamo e possiamo dimenticare. Sono loro i custodi del nostro presente. Sono loro, quei giovani e molti altri con loro, che permettono a noi oggi di studiare, di scegliere, di fare una vita improntata alla libertà. Ma… esiste un ma: se ci crediamo, se riteniamo che la libertà e la giustizia siano valori importanti, spetta a noi tenere viva la loro memoria. La memoria di quella storia che per noi, oggi, è passato, ma per molti ancora non lo è. La guerra sempre più accerchiante sta minacciando alle radici le conquiste democratiche costate la vita a quelle persone.  

Questa è la storia del 25 aprile: ieri, oggi e domani. Buona liberazione per tutti, in tutto il mondo!!! 

La storia della liberazione https://pop.acli.it/images/APRILE/25_aprile.jpg Redazione POP.ACLI