In questo numero di POP ricordiamo la strage di Marzabotto avvenuta tra il 29 settembre e il 5 ottobre di quel 1944 che ad agosto aveva visto nascere le Acli nella Roma liberata...

Agosto 1944: nella Roma liberata, nascono le Acli. Sono passati 80 anni. Nello stesso anno, tra il 29 settembre e il 5 ottobre, alle pendici del monte Sole, si compie la strage di Marzabotto. 1830 i morti: bambini, donne, uomini. Il numero non è certo: ma importa? Tempi bui e di speranza. Dolore e gioia. Distruzione e costruzione. Morte e rinascita. Opposti che convivevano.

Ed oggi?
In questo numero di POP ricordiamo quell’eccidio. Lo facciamo riportando la poesia: Questa è memoria di sangue, che Quasimodo scrisse e che ancora oggi, dal 1954, è possibile leggere alla base del faro monumentale che sorge sulla collina di Miana, sopra Marzabotto.

Questa è memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del più vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesselring
e dai loro soldati di ventura
dell’ultima servitù di Salò
per ritorcere azioni di guerra partigiana.

I milleottocentotrenta dell’altipiano
fucilati ed arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto,
il civile consenso
per governare anche il cuore dell’uomo,
non chiede compianto o ira,
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua Brigata
piegarono più volte
i nemici della libertà.

La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini di ogni terra
non dimenticano Marzabotto,
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.

Ed oggi?

Ancora guerre, distruzione, morte, dolore, paura. Non possiamo non pensarlo! Ritorniamo, ancora una volta, ad una poesia di Quasimodo: Uomo del mio tempo, scritta nel 1947.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Memoria di sangue ieri: ed oggi? https://pop.acli.it/images/SETTEMBRE2024/shutterstock_2453371473.jpg Redazione POP.ACLI