Il 10 luglio del 1976 si è verificato uno dei più gravi incidenti ambientali della storia italiana: una nube di diossina si è sprigionata dalla fabbrica di cosmetici dell’Icmesa a Seveso, in Brianza...

La fabbrica produceva triclorofenolo, che sopra i 156 gradi si trasforma in 2,3,7,8-tetracloro-dibenzodiossina (Tcdd), una varietà di diossina particolarmente tossica. E quel giorno, per un incidente in un reattore, la temperatura era salita fino a 500 gradi.
Così l’area circostante è stata contaminata dal Tcdd, che può causare tumori e danni gravi al sistema nervoso, a quello cardiocircolatorio, al fegato e ai reni. Inoltre riduce la fertilità e, nelle donne incinte, può provocare malformazioni al feto e aborti spontanei.
Gli effetti immediati sulla popolazione sono stati evidenti soprattutto da un punto di vista dermatologico: già dopo due giorni sono comparsi i primi casi di cloracne, una malattia di cui è documentata la correlazione con la diossina.

Nel 1976 in Italia c’era un vuoto legislativo, cioè non vi era nessuna norma specifica per il controllo sul rischio di incidenti rilevanti nelle industrie di processo. Poiché il disastro di Seveso ha avuto grande scalpore, l’Europa nel 1982 ha emanato la Direttiva Seveso I, la quale è stata recepita in Italia nel 1988 con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) numero 175, che poi ha subito diverse modifiche. Attualmente in Europa è in vigore la Direttiva Seveso III, recepita in Italia nel 2015 con il Decreto Legislativo numero 105.

10 luglio 1976. Disastro a Seveso https://pop.acli.it/images/Icmesa_pubblico_dominio.jpg Redazione POP.ACLI