Noi siamo in continuo travaglio: un'organizzazione che cambia, sia internamente che esternamente, perché cerca di adeguarsi ai tempi. Il tema dell'organizzazione è una delle grandi capacità che riconosciamo a Livio: una di quelle che stiamo cercando di mettere in atto oggi...

Leggendo e ascoltando un po’ di storie su Livio mi sono fatto l’idea che anche a lui facevano fare sempre le conclusioni: come se fosse e sia ancora oggi il mestiere proprio del Presidente delle ACLI. Mai una tesi, sempre le conclusioni!

Ci sono tantissime cose che avrei fatto volentieri sedimentare, soprattutto le parole di Willy, il figlio, per assaporare ancora l'uomo Labor che ho conosciuto, per lo più, dalle pagine dei suoi articoli ma anche dai racconti che ho ascoltato e anche da quanto ancora vive dentro l'associazione.   Due anni sono siamo andati a Leopoli, oggi Lviv, che nella sua storia ha fatto parte dell'impero austro-ungarico, poi della Polonia, adesso dell'Ucraina. Lì ci siamo sentiti un pochino a casa sapendo che vi è nato Livio Labor. Ci siamo stati in uno scenario triste di guerra. Impressionante. Da Leopoli, poi, ha vissuto i suoi primi anni di vita in Istria: diventando un uomo che è maturato oltre i confini dell'Europa.  Un uomo che aveva questo tipo di geografia esistenziale, che è anche una geografia politica.

È molto importante il giudizio storico che ha lasciato perché, al di là delle notazioni storiche che io potrei soltanto ripetere, rimane una persona che non era di parte, ma prendeva parte. Non era schierato con un partito, anzi. E poi la sua impazienza, la sua inquietudine che sono stati aspetti peculiari del suo carattere, così come titola il libro di Tarcisio Barbo Livio Labor. La virtù dell’impazienza. E la sua coerenza che si scontrava con una realtà che, ieri ed ancora oggi, richiede troppe mediazioni: lui, invece, voleva arrivare diritto al punto. Penso anche alla sua incoscienza di prendere decisioni che i calcoli razionali ti inviterebbero a prendere in un momento più opportuno.

Possiamo dire che con Livio finisce quella parte della storia delle Acli come grandissima associazione che di fatto, oltre l'Azione Cattolica, era egemone nel mondo cattolico; è finita l'epoca delle Acli dove, se si fosse detto qualcosa in questa sede avrebbe avuto delle ricadute anche nella nostra Repubblica. Da qui, però, sono nati gli aclisti. Persone che rimangono aclisti per sempre. E quando diventi un aclista, lo diventi con tutti i difetti, ma anche con la coerenza, la voglia di verità, una inquietudine e ricerca di verità mai paga. Discutiamo e ci facciamo interrogare partendo dalla radicalità del messaggio evangelico sempre nell'unità, cercando l'unità tra tutte le associazioni, portando in questo modo il messaggio oltre i confini delle nostre chiese. Una unità con tutti per cercare di rompere il confine tra chiesa e politica che sento nelle parole di Livio che parla di Cristo e di democrazia politica, con parole che oggi non sembrano poter stare insieme. Al di là delle scelte della nostra associazione nell'ambito pubblico, nella politica, noi siamo rimasti sempre nel mondo cristiano: dapprima con un po’ di pudore, di timidezza e di timore e poi di assenza completa nel dibattito pubblico, come se fossero due ambiti distinti. Oggi invece vogliamo far recuperare alla politica i valori che non sono di mediazione, ma sono radicali sui temi della pace, sui temi della vita, ecc.

Noi dovremmo recuperare, imparando anche oggi questa lezione di Livio Labor: di non essere mai domi su certi temi, anche a costo di rimetterci qualcosa nella nostra razionalità, nella nostra quotidianità, nel nostro essere associazione più o meno schierata.

Ci sono altre cose che in questi anni stiamo un po’ “rubando” dall'azione di Labor. Dico rubare perché lo abbiamo preso in prestito, per esempio nella formazione. Nell'associazione ci siamo sempre dedicati alla formazione ma negli ultimi anni abbiamo investito molto per realizzare una formazione che sia capace di far riassaporare le motivazioni principali per stare dentro le acque della vita e per essere aclisti. La formazione di dirigenti che fanno oggi parte di un'associazione che non è solo fare qualcosa di concreto, come per esempio pulire una spiaggia, che è senz’altro importante, ma le Acli sono un'associazione democratica, dove si prendono decisioni, si discute, dove è necessario studiare e leggere: in una parola devi motivare. Questo tipo di formazione forte e impegnativa l'abbiamo presa in prestito proprio dall’esperienza di Livio, così come abbiamo preso in prestito anche la voglia di essere un'associazione organizzata.

Noi siamo in continuo travaglio: un'organizzazione che cambia, sia internamente che esternamente, perché cerca di adeguarsi ai tempi. Ed oggi i tempi, purtroppo, sono molto rapidi, perché ogni sei mesi c'è una crisi cui devi cercare di rispondere. Quindi anche il tema dell'organizzazione è una delle grandi capacità che riconosciamo a Livio: una di quelle che stiamo cercando di mettere in atto oggi.

E poi quella di essere un'associazione di parte, non è più il tempo di essere autonomamente schierati. Noi siamo schierati, non in un partito, ma siamo schierati nel senso che fare politica è uno degli impegni importanti della nostra associazione, naturalmente non quella specificatamente partitica, anche se stiamo mettendo in discussione negli ultimi anni il tema dell'incompatibilità. Non come principio e non in senso assoluto, ma oggi purtroppo, la politica la fanno gli ultimi, cioè quelli che sono un po’ gli ultimi maestranti. In una situazione particolare: manca la classe dirigente formata. La nostra associazione, obiettivamente, ha una grande classe dirigente perché siamo diffusi, capillari e quindi: come dire di no ad un piccolo comune che magari ha bisogno, oggi, di una persona che si impegna nella propria attività? È una domanda che ci ha permesso di avviare alcune riflessioni, non certo per andare in deroga ad un principio di incompatibilità, ma per mettere al servizio l'esperienza di una classe dirigente che, seppur piena di difetti, ha voglia di mettersi in discussione e non può stare tranquilla. Quello che stiamo cercando di fare è mettere insieme ... forse come ai tempi di Livio.

Ricordiamo il ‘68 e il Concilio. Da lì sono nate tantissime esperienze, anche ecclesiali. Negli anni ‘70 ci sono state diverse esperienze ecclesiali senza un disegno unitario, contrassegnate da molta creatività: ognuna ha seguito la propria vocazione, il proprio carisma e sono nate anche delle bellissime esperienze di chiesa che oggi stanno cercando di ritrovarsi. C'è da interrogarsi su come andare avanti, come stare insieme, come portare insieme avanti questa chiesa che oggi è sinodale.

Prima c'era bisogno di una riforma. Quindi di un Concilio, di una ripartenza, oggi è sinodale. C'è da rimettere un po’ insieme tutti i pezzi, dialogando di più e camminando assieme. In questo mi sento di dire che siamo un'associazione che, obiettivamente, sta facendo i suoi passi proprio partendo dall'esperienza maturata, dalle fatiche attraversate partendo dai passi falsi fatti ed oggi ha deciso di rimettersi in discussione cercando di portare anche la propria esperienza di fallimento all'interno di un cammino, fatto insieme, nella Chiesa.

Queste sono le Acli di oggi. Non so se sarebbero piaciute a Livio e non so cosa ne potrebbe pensare. Però sono convinto che da persona fedele, intercede per noi, ci sta ancora accanto, e questa è la comunione dei santi minori delle nostre Acli, di persone che hanno dedicato tanta parte della propria vita anche a scapito della famiglia: è la comunione dei santi, minori che ci porta avanti. Noi portiamo questa grande eredità, costruita nel tempo, che è un'eredità di strutture, di organizzazione, ma soprattutto di pensiero, di valori e soprattutto di uno spirito che prende parte e che ancora oggi si interroga.

E grazie a chi oggi ha voluto ricordarci questa figura, che ci fa fare ancora un passo maggiore verso la consapevolezza del ruolo che le Acli devono avere nel nostro tempo.

Grazie.

L'attualità di Livio Labor https://pop.acli.it/images/LABOR/Foto_Emiliano.jpg Redazione POP.ACLI