Le Acli organizzano un Cammino per la Memoria per conoscere la Shoah e promuovere una cultura di pace...
Il CTA Nazionale, insieme alle sedi di tutti i territori, promuove per e con le Acli il Cammino per la Memoria, un percorso che intende sostenere incontri informativi e di studio, insieme a esperienze di viaggio della Memoria per valorizzare la conoscenza e coscienza della Shoah per una cultura della pace.
Il giorno 3 marzo a Roma ci sarà l’iniziativa “Una giornata particolare…”, promossa da CTA e Acli nazionali, per conoscere la specificità del ruolo delle donne dentro la tragedia della deportazione e della detenzione da parte di nazisti e fascisti, in particolare dal ghetto di Roma.
A Roma, il 16 ottobre 1943 era sabato: dalle 5.30 del mattino fino alle ore 14, 365 nazisti e 14 fascisti attuarono nel ghetto, senza sparare neppure un colpo, un rastrellamento a tappeto. 1259 persone - 689 donne, 363 uomini, 207 bambini - furono arrestate. 1023 vennero successivamente deportate: tra questi anche un neonato venuto al mondo il 17 ottobre. Tornarono in 16: 15 uomini e 1 donna e nessun bambino.
Si ridarà vita a questi numeri per fare un’esperienza dentro i passi, le parole, i ricordi, le memorie, i canti, i sapori e gli odori di chi ha vissuto l’atrocità della deportazione e dell’internamento. Per chi ce l’ha fatta, anche il ritorno: con le sue parole ed i silenzi che ancora oggi avvolgono, come una lunga onda, le generazioni successive. E noi con loro. Qui il programma della giornata.
L’incontro si inserisce in un percorso che vede numerose iniziative concorrere all’obiettivo di educarci alla pace, facendo memoria di una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità, sia per il numero delle vittime, che per la maniacale progettazione e realizzazione di questo perverso percorso di sterminio che ha coinvolto milioni di persone.
Se la storia deve essere maestra di vita, la riflessione è necessaria, ma deve cambiare il cuore e l’agire di chi la condivide. Troppe volte la storia si ripete, mai uguale a se stessa, ma in forme sempre nuove.
Occorre vigilare prima di tutto sul linguaggio, il primo livello a cui avviene la disumanizzazione delle vittime togliendo loro il riconoscimento di essere uomini e donne. Segue poi la persecuzione fisica – poiché non sono più umani – fino alla morte e allo sterminio di categorie di persone scelte su base etnica, razziale, sociale o politica.
Si realizza così una inversione quasi ironica: i persecutori – che si credono veri umani – si disumanizzano nel loro agire; le vittime – che sono state disumanizzate – sono riconosciute come vere persone da chi li aiuta e li soccorre e da chi ne fa memoria nel futuro.
Un esempio paradigmatico di una persecuzione ce lo offre la Bibbia: è la paura che prende il faraone d’Egitto, e la sua corte, di fronte al crescere numeroso degli ebrei. Prima li rende schiavi e poi ne vuole uccidere i figli maschi così che la loro crescita numerica si arresti (cfr. Es 1,8ss).
Il discernimento della presenza di Dio e della sua assenza non può mai essere un alibi per la nostra responsabilità personale e collettiva. Il ricordo dei giusti delle nazioni allo Yad Vashem a Gerusalemme e i giardini dei giusti dell’umanità che si stanno moltiplicando nel mondo ci ricordano che è sempre possibile una scelta in favore della vita degli altri per poter continuare a guardarsi con dignità nello specchio ogni mattina, a volte anche a costo della propria vita. Così possiamo tutti crescere nella nostra umanità e costruire insieme un mondo un po’ più in pace.