Nessuno può attraversare una catastrofe e sopravvivere ad essa senza avere la sensazione di stare a cuore a qualcuno...

Il faro è sempre lo stesso di quello che è stato da sempre per le Acli nell’attivarsi di fronte alle tragedie: “Nessuno può attraversare una catastrofe e sopravvivere ad essa senza avere la sensazione di stare a cuore a qualcuno”. L’obiettivo primo del viaggio è stato questo: condividere, anche se per poco tempo, stare vicino. Di fronte a quello che accade ci sentiamo impotenti. Vogliamo che, almeno, la nostra impotenza non sia scambiata con indifferenza.

Le cose si conoscono realmente per esperienza, per relazione, non per astrazione. Anche per questo siamo andati a L’viv (Leopoli) dal 3 al 5 aprile scorsi. Incontrare persone, ascoltare storie, visitare posti serve ad attivare una comprensione diversa. L’obiettivo non è “cambiare idea” ma andare più a fondo.  Attivare una comprensione che non è solo cognitiva, né solo emotiva. Una comprensione che è relazionale, umana. Due giorni in un luogo sono assolutamente troppo pochi. E sono tanti i posti dove servirebbero almeno due giorni, per comprendere questa guerra nel suo insieme. Ma un viaggio così, così come l’accoglienza concreta dei profughi nel quotidiano, è qualcosa che attiva un processo di comprensione nuovo.
Vedere, sentire, intuire, comprendere, però, non è indolore e fa nascere domande. Sono due le domande profonde che emergono ed hanno bisogno di trovare un equilibrio: come fermare questo scempio? Come evitare che si propaghi? La terza domanda, direttamente connessa alle prime due, è: cosa possiamo fare noi, di fronte a questo? Noi come persone, noi come associazione, noi come cristiani, noi come europei.

È una domanda che mette in evidenza la sproporzione tra ciò che servirebbe e ciò che siamo in grado di mettere in campo. Ma che, anche per questo, non può non impegnarci tutti, concretamente, almeno in ciò che si può.

  • Possiamo restare in relazione con persone, organizzazioni ed istituzioni in Ucraina e rispondere ai bisogni concreti. A partire da quelli materiali, pur senza fermarci a questi. Da qui l’impegno a fornire un’ambulanza attrezzata per il trasporto neonatale per l’ospedale di L’viv. È impegno ambizioso, che ha bisogno del contributo di tutti nel donare e nel coinvolgere.

  • Possiamo partecipare e promuovere l’accoglienza nelle sue forme più diffuse e partecipate. Vuol dire mettere a disposizione case e strutture, in alcuni casi. Ma vuol dire anche partecipare alle reti di accoglienza locali e aiutare chi accoglie. Corsi di italiano, percorsi di accompagnamento all’esigibilità dei diritti, orientamento e formazione, occasioni di scambio e socialità.

  • Possiamo continuare a seguire le proposte normative che regolano l’accoglienza e l’integrazione ed essere da stimolo e proposta, assieme ad altri, perché ogni scelta sia realmente orientata al bene delle persone.

  • Possiamo offrire occasioni di approfondire quanto sta avvenendo, con le nostre parrocchie, nelle nostre città. Facendolo dai diversi punti di vista: storico, culturale, economico, geopolitico, religioso… affinché non sia solo il punto di vista militare o propagandistico a prevalere e affinché dall’attivazione dell’intelligenza collettiva possa scaturire una comprensione generatrice di soluzioni.

  • Possiamo coltivare, con cura e delicatezza, le occasioni di preghiera interreligiosa e di preghiera per la pace in generale.

  • Possiamo investire in percorsi di approfondimento e formazione alla nonviolenza. Perché in un momento cruento come questo sembrano strumenti senza efficacia, ma se li avessimo coltivati e sperimentati in profondità nei periodi precedenti forse oggi non saremmo in questa situazione.

  • Possiamo impegnarci in una battaglia per il disarmo. Sembra paradossale, in un momento come questo. Sembra anche in controtendenza, rispetto a quanto chiedono gli ucraini stessi. Eppure siamo convinti che, al di là del diritto degli Ucraini di difendersi nel modo che reputano opportuno e del dovere dell’Europa di sostenere la loro difesa, la generale corsa agli armamenti che si sta generando non è la soluzione all’aggressione in corso e rischia di essere causa di problemi futuri.

  • Possiamo, nello specifico, impegnarci per la messa al bando delle armi nucleari ed in particolare perché l’Italia riconosca la volontà dei suoi cittadini e sottoscriva questo impegno.

  • Possiamo pensare all’Europa come soggetto politico e provare a delineare le azioni che riusciamo a mettere in campo con una tensione tutta europea.

  • Possiamo cercare, assieme ad altri, giorno per giorno, di mettere in campo tutte le azioni che ci sembrano utili a provare a fare la nostra parte per fermare questa guerra ed evitare il suo dilagare.

Ambulanza pediatrica

Accompagnare la pace in Ucraina https://pop.acli.it/images/Ucraina_colomba1.jpg Redazione POP.ACLI