Discutere oggi di lavoro domestico è tutt’altro che anacronistico. Il tema della cura è un argomento estremamente aderente alla società contemporanea, attraversata dai profondi mutamenti che hanno investito le famiglie italiane...

Si tratta di cambiamenti radicali, accentuati dal progressivo invecchiamento della popolazione, le cui ricadute avranno, e in parte stanno già avendo, importanti ripercussioni a livello economico, sociale, culturale e financo politico. Tale fenomeno già da qualche decennio sta interessando il nostro Paese, senza che però siano stati fatti significativi passi avanti in questo senso per contenerlo e gestirlo. Secondo i dati Eurostat 2021, l’Italia è infatti il Paese dell’Ue con la più alta incidenza di popolazione con almeno 70 anni (17,4%), quasi 3 punti percentuali in più rispetto alla media europea.

Inoltre, secondo uno scenario base, osservando le proiezioni demografiche Eurostat, la componente anziana è destinata ad aumentare notevolmente nei prossimi anni. Ipotizzando trend demografici e migratori in linea con quelli attuali, la quota di ultra-settantenni arriverebbe al 27,5% già nel 2050 (+10 punti in 30 anni), per poi stabilizzarsi nei decenni successivi. Se così fosse, tale situazione impatterebbe in maniera importante sulla spesa sociale italiana, giacchè l’invecchiamento demografico è evidentemente alla base della composizione della spesa sociale dell’Italia.

E’ evidente che ad un considerevole incremento anagrafico della popolazione italiana corrisponderà sempre più una maggiore richiesta di lavoratrici e lavoratori che possano fornire una adeguata assistenza di cura. Ancora una volta i dati possono aiutare: nel 2021, stando ai numeri dell’INPS, i lavoratori domestici assunti dalle famiglie in Italia, con regolare contratto, sono stati circa 920 mila, in aumento rispetto al passato. Ad aumentare sono state le badanti e soprattutto le colf. Questo fenomeno può essere spiegato dall’elevata presenza di anziani nel nostro Paese che, come si diceva, porta ad aver maggior bisogno di personale addetto all’assistenza. Osservando gli scenari demografici ISTAT, è possibile ipotizzare che nel 2050 aumenterà significativamente il fabbisogno di lavoratori domestici, in particolare di badanti: rispetto ad oggi, infatti, gli over 80 rappresenteranno già il 13,7% dell’intera popolazione.

Ad invecchiare, però, non sono solamente gli anziani italiani, ma anche tutte le persone attualmente impiegate nel settore domestico e di cura. Di conseguenza, con il graduale invecchiamento della forza lavoro, cui si somma anche il mancato ricambio generazionale e la chiusura dei canali di ingresso regolari per i cittadini extracomunitari a cui ormai si assiste da anni e che la pandemia ha praticamente bloccato, si rischierà, nel prossimo futuro, di non avere personale a sufficienza in grado di assistere i nostri anziani. A pagarne il conto più grande potrebbero essere le donne, sulle quali ancora ricade la maggior parte del lavoro di cura, in un momento storico in cui, al contrario, anche grazie ai fondi del PNRR, si punta sull’empowerment femminile, oltre che sull’assistenza domiciliare quale pilastro di una nuova, innovativa sanità di prossimità che mira a curare gli anziani e i disabili direttamente nelle loro abitazioni.

Secondo le stime, nei prossimi dieci anni, circa 260mila lavoratori andranno in pensione, di cui 175mila stranieri, e 220mila si avvicineranno alla soglia dell’età pensionabile, di cui 144mila stranieri. Dunque, verranno a mancare circa 480mila badanti, colf e baby-sitter. Un vuoto che non verrà colmato da un fisiologico ricambio generazionale se i trend di invecchiamento del lavoro domestico non si invertiranno. Ad oggi, infatti, non solo assistiamo al brusco calo di oltre il 60% dei lavoratori under 30, ma anche delle altre fasce di età più giovani.

Servono dunque misure urgenti per il settore, a cominciare da quelle fiscali, come la deduzione del costo del lavoro domestico, battaglia che le Acli Colf sostengono da tempo: questo non solo per venire incontro alle esigenze delle famiglie, spesso impossibilitate a pagare una persona che si occupi di un loro congiunto; ma anche e soprattutto per contrastare la piaga del lavoro nero che dilaga in questo ambito, con punte del 60% sul totale. Occorrono inoltre investimenti sulla formazione, che forniscano competenze legate tanto all’ambito di cura quanto a quello della alfabetizzazione informatica (si pensi alla sanità digitale), per rendere più appetibile il settore anche per i giovani. Ma soprattutto è necessario tornare ad una programmazione dei flussi di ingresso con quote dedicate al lavoro domestico calcolate sul reale fabbisogno delle famiglie.

Lo sviluppo del lavoro domestico, pertanto, si inserisce in questo quadro di sostanziale “privatizzazione” dell’offerta come risposta informale alla crescente domanda di cura da parte della popolazione più anziana. Il sentiero da percorrere è, dunque, quello di una progressiva “industrializzazione” del welfare fondato su un nuovo patto di sistema che metta insieme Stato, famiglie, parti sociali, profit e non-profit. La finalità della piattaforma programmatica degli interventi normativi è perciò quella di accompagnare questo processo di modernizzazione, favorendo l’equilibrio dell’occupazione nel settore del lavoro domestico dove è imprescindibile anche affermare la dignità del lavoro.

AAA cercasi Colf per i nostri anziani https://pop.acli.it/images/colf_anziani_assistenza.jpg Redazione POP.ACLI